di Don Giovanni Poggiali
Un’esperienza unica. Così è possibile definire l’itinerario in interiore homine che S.Ignazio di Lojola propone nei suoi Esercizi Spirituali (ES) e che anche il seminarista Massimo Davide Redaelli, il sottoscritto e altri due compagni di viaggio abbiamo percorso quest’estate nella tranquilla cittadina svizzera di Grolley, nel cantone di Friburgo. Più gli anni passano, più approfondiamo gli ES, più ci accorgiamo del grande dono che il Signore ci ha fatto (anche nel metodo dei cinque giorni che noi “dettiamo”). La grazia di Dio, attraverso la mediazione della Vergine Maria, unita alla libera volontà del santo spagnolo hanno generato questo piccolo libretto denso di sapienza e di unzione spirituale che non è un libro da leggere, si rimarrebbe forse delusi, ma è un libro da fare. Trenta giorni attraverso i quali si può incontrare Colui che per me (dice Ignazio) si è fatto uomo, ha patito, è morto sulla croce ed è risorto: un rapporto personale nel quale la figura di Cristo è dominante, dove si impara a gustare interiormente una presenza amorevole, si sperimenta l’amore di Dio e si conosce meglio se stessi. Un itinerario di conoscenza, amore e sequela di Colui che ha strappato Ignazio dal futile per condurlo al Necessario, dal relativo all’Assoluto. Un percorso per cercare e trovare la volontà di Dio nell’organizzazione della propria vita (21). Un cammino di discernimento spirituale, di preghiera, di conoscenza di Dio e di sé, di fortificazione delle proprie facoltà spirituali. In una parola: di profonda conversione. La condizione è aprire il proprio cuore ed essere docili allo Spirito Santo, vera guida degli ES e unico Direttore e Maestro. Occorre, cioè, entrare negli ES con grande coraggio e liberalità (5).
Ignazio comincia il nuovo itinerario, che lo condurrà alle vette della mistica, nel suo castello di Lojola dopo il ferimento ad una gamba nella guerra contro i francesi. Durante la convalescenza legge la Vita di Cristo del certosino Ludolfo di Sassonia e La leggenda aurea di Giacomo da Varazze. Pensieri e sentimenti lo incalzano: “E se facessi ciò che ha fatto san Francesco? E quello che ha fatto San Domenico?“. Questi pensieri gli procuravano una gioia duratura, a differenza di quelli mondani che gli procuravano una gioia effimera, che poi lasciava il posto al vuoto. Siamo nell’anno del Signore 1522. A marzo, dopo la convalescenza, va al santuario di Monserrat. Fa la confessione generale, e per prepararla ci impiega tre giorni. A Monserrat, siamo in Spagna, farà la veglia d’armi: tutta una notte in piedi o in ginocchio in onore di Maria, come un buon cavaliere farebbe per la sua dama. Quindi va a Manresa fino al febbraio del 1523. In questo tempo medita tutta la vita di Gesù, prega tantissimo e fa mortificazioni asprissime. Alla fine la luce dello Spirito lo conduce ad un equilibrio nella vita spirituale e nella mortificazione, arricchito di grande esperienza nel discernimento interiore della propria anima, arte in cui diventerà maestro anticipando di secoli tante acquisizioni della moderna psicologia. La finezza interiore delle sue Regole, in questo campo, si unisce ad una conoscenza profonda dell’uomo e all’esperienza reale di Dio. Ma anche del Nemico, l’Avversario, Satana, che vuole deviarci con le sue trame. Vince gli scrupoli, dà al sonno il giusto tempo, tratta meno duramente il proprio corpo, trova la pace. Qui a Manresa comincia ad elaborare più dettagliatamente gli ES, fino alle esperienze mistiche sul fiume Cardoner, dove Dio illuminò gli occhi dell’intelletto di Ignazio e gli diede un vivo sentimento del mistero cristiano comunicandogli la sostanza degli ES. Dicono le fonti che “il suo intelletto fu talmente illuminato che egli sembrava un altro uomo e con un altro intelletto” e “fu come se avesse visto o i motivi o le cause di tutte le cose“. Siamo nell’agosto del 1522. Da qui fino al 1548, anno dell’approvazione degli ES da parte del Papa Paolo III con il Breve Pastoralis Officii, il santo spagnolo opera un lavoro di redazione, di sistemazione del materiale già scritto, incrementato dall’esperienza acquisita nel dare gli ES ai primi discepoli come Francesco Saverio, Pietro Favre e Giacomo Laynez.
Gli ES sono divisi in quattro settimane: la prima settimana è la cosiddetta via purgativa o purificazione dell’anima (deformata reformare). L’uomo, su istigazione di Satana, compie il peccato che è un volgersi alle creature e un allontanarsi da Dio, unico vero Bene. L’uomo vuole diventare Dio senza la Grazia, cerca la propria realizzazione unicamente con la forza del suo orgoglio, con la sua autosufficienza. Ma Dio Padre non l’abbandona e con il dono del Figlio Unigenito, grazie al Sì di Maria sulla quale scende in pienezza lo Spirito Santo, perdona l’uomo e dona a lui la possibilità di tornare a casa. L’uomo, così, sperimenta la misericordia di Dio, si apre alla conversione, all’abbandono del peccato, all’abbandono di una vita falsata e ingannevole, nella quale ha buon gioco il nemico della natura umana. Ignazio conduce l’esercitante a rendersi conto dell’abisso del male umano e satanico e dell’abisso dell’amore di Dio. La seconda settimana corrisponde alla via illuminativa (reformata conformare). Colui che ci salva e redime, Colui che è il principio e fondamento della nostra vita si concretizza in una Persona: Gesù Cristo, che va conosciuto, amato e seguito. Per me, dirà Ignazio, il Verbo eterno si incarna, patisce e muore. Vale la pena meditare i misteri della vita di Cristo per gustare interiormente la sua Parola e la sua Presenza. Vale la pena seguire questo Re eterno a cui Ignazio si offre interamente (e invita l’esercitante a farlo). Questo è il fine della seconda settimana che ci deve portare a cambiamenti concreti, a risoluzioni per la nostra vita affinché la sequela Christi non rimanga nel vago. La terza e la quarta settimana corrispondono alla via unitiva (conformata confirmare e confirmata transformare): l’esercitante percorre con Ignazio l’aspra via della passione, della morte, dell’abiezione del Figlio di Dio per amore nostro. Sempre più parco di parole, rispetto all’inizio dell’itinerario, Ignazio vuole che sperimentiamo quanto Dio ci ha amato contemplando le ultime ore della sua vita terrena in ogni dettaglio e soprattutto guardando la sua Croce, provocando in noi dolore per il dolore di Cristo. Le parole servono sempre meno, si deve contemplare il Signore e amarlo con i fatti. Cattedra dal più alto insegnamento, la Croce è il punto d’arrivo della penultima settimana che sfocia nella quarta, dove si contemplano i misteri della Gloria, la Resurrezione di Gesù, l’Ascensione e la Pentecoste, e dove Ignazio invita a chiedere la grazia della gioia immensa della vittoria di Cristo sulla morte: “chi vuol venire con me, deve lavorare con me perché, seguendomi nella sofferenza, mi segua anche nella gloria” (95). Finalmente arriviamo alla vetta degli ES, la contemplazione per ottenere l’amore. Qui è giusto tacere.
Cammino stringente ed entusiasmante, che abbiamo fatto nel silenzio della natura e con l’accoglienza premurosa dei Cooperatori Parrocchiali di Cristo Re (fondati dal padre Francesco da Paola Vallet, pedina fondamentale nell’elaborazione del metodo dei cinque giorni che noi pratichiamo. La guida del mese era padre Giuseppe Maria Cueto che ringraziamo di cuore), gli Esercizi sono uno strumento tra i più qualificati per la Nuova Evangelizzazione. La Chiesa li propone ancora, dopo cinquecento anni, e schiere di santi ne hanno gustato la bellezza. Non resta che farli e invitarvi i nostri amici. Dimostreremo di volergli bene.