Delle domande fondamentali che l’uomo si pone quella sul senso dell’amore è certamente tra le più importanti. Darne una definizione univoca è difficile, esaurirne il significato impossibile. L’autore – sacerdote diocesano, prorettore del Seminario di Massa, già militante di Alleanza Cattolica – prova a darne una spiegazione e a ricavarne conseguenze a partire dai concetti di eros e agape rinvenibili, rispettivamente, nella filosofia greca e nella Sacra Scrittura, mostrandone l’unione e partendo dalla costatazione che l’amore vero non è quello che il mondo propone attraverso le sue diverse alterazioni.
Per il filosofo greco Platone (428-348 a.C. ca.) l’eros, oggi ridotto a erotismo o ad amore carnale, è un principio intermedio tra la realtà mortale e la dimensione immortale. È cioè una sintesi tra opposti – povertà e ricchezza, privazione e acquisizione, e così via – che spinge eros verso l’alto, vale a dire verso la ricerca del divino, dunque verso il bello e il buono in sé che esso non possiede. In fondo per Platone l’amore insito nel concetto di eros è «[…] la forza che spinge l’uomo alla ricerca, facendogli nascere in cuore il desiderio della sapienza e della bellezza» (p. 23). Il divino è così unito all’umano, il mondo delle Idee al mondo fisico. Ora, solo nel mondo sovrasensibile è possibile dare risposta alla domanda sul senso della vita e della morte. Così è anche per il senso dell’eros. Sarà solo l’Incarnazione del Verbo, il legame tra il mondo fisico e il mondo della trascendenza, a unire il divino e l’umano.
L’agape è invece l’amore cristiano gratuito, “immotivato”: la sua è la grande novità rispetto all’eros. Per comprendere il novus insito nell’agape, non basta del resto rifarsi all’Antico Testamento (dove l’amore di Dio e l’amore del prossimo venivano già indicati), ma occorre volgersi alla relazione di comunione con Dio in Cristo, al rapporto personale con Lui. Nel cristianesimo non è la Legge il cuore del rapporto con il Padre, bensì l’agape, poiché è esso la sostanza e il motivo di ogni azione di Dio, dalla Creazione alla Redenzione, fino al dono della vita di Gesù anche per chi non lo ama.
Don Poggiali si sofferma quindi sull’opera imprescindibile del teologo luterano svedese Anders Nygren (1890-1978), Eros e Agape, per un confronto che propone una soluzione. Nygren, infatti, afferma l’inconciliabilità tra l’amore erotico e l’amore agapico considerando l’eros un desiderio egoistico, animato da concupiscenza e ultimamente autoreferenziale, laddove l’agape sarebbe l’unico amore puro e autentico, dono di sé per gli altri. La tradizione cattolica, a partire da sant’Agostino d’Ippona (354-430) fino a Benedetto XVI (2005-2013), afferma invece l’unione e l’integrazione tra i due amori, non tanto come compromesso, ma come sintesi che porta frutto nella vita dell’uomo e della società. Agostino con la caritas (cfr. pp. 54-56), san Tommaso d’Aquino (1225-1274) con il desiderium caritatis(desiderio d’amore) che cuce insieme, in pratica, i due modi di amore, e san Paolo di Tarso, che introduce all’idea di eros crucis (desiderio della Croce), mostrano come il desiderio non sia egoismo – come appunto scriveva Nygren –, ma la spinta e la tensione verso l’amore trinitario, verso l’agape di Dio che è somma perfezione e a cui tutto volge, amore manifestatosi soprattutto nella croce di Cristo.
La conclusione di questo studio s’incentra sul cristianesimo attuale: una civiltà (e dunque prima ancora una cultura) cristiana è sicuramente ancora possibile solo riconoscendo la presenza e l’amore di Dio (eros e agape insieme), lasciandosi amare da Lui per poter amare i fratelli con lo stesso amore divino, volgendo e unendo il desiderio e la passione verso il dono e il sacrificio di sé come pienezza di senso e di felicità.