Domenica 22 gennaio 2023. I peccati non sono un’obiezione alla missione, perché il Signore ci ama così come siamo e ci chiama ugualmente a testimoniarlo tra i fratelli. Appello del Papa per il Myanmar e il Perù
di Michele Brambilla
Papa Francesco, introducendo l’Angelus del 22 gennaio, mette in risalto la chiamata dei primi discepoli. «Alcuni di loro Lo avevano già incontrato, grazie a Giovanni il Battista, e Dio aveva posto in loro il seme della fede (cfr Gv 1,35-39)», come nel caso degli apostoli Andrea e Giovanni, «ed ecco che adesso Gesù torna a cercarli là dove vivono e lavorano. Il Signore sempre ci cerca; il Signore sempre ci avvicina, sempre. E stavolta rivolge loro una chiamata diretta: “Seguitemi!” (Mt 4,19)». Gli Apostoli non compresero tutto e subito, ma si fidarono di quella Voce e La seguirono.
«Fermiamoci su questa scena», esorta il Papa: «è il momento dell’incontro decisivo con Gesù, quello che ricorderanno per tutta la vita e che entra nel Vangelo. Da allora seguono Gesù» consacrandogli l’intera esistenza. Quando si incontra per la prima volta il Signore, «si può cominciare in qualche modo ad avvertire il suo fascino, magari grazie ad altri. Poi la conoscenza può diventare più personale e accendere una luce nel cuore. Diventa qualcosa di bello da condividere: “Sai, quel passo del Vangelo mi ha colpito, quell’esperienza di servizio mi ha toccato”. Qualche cosa che ti tocca il cuore. E così avranno fatto anche i primi discepoli (cfr Gv 1,40-42). Ma prima o poi arriva il momento in cui è necessario lasciare per seguirlo (cfr Lc 11,27-28)», ovvero decidersi definitivamente per Dio.
«Stare con Gesù, dunque, richiede il coraggio di lasciare, di mettersi in cammino» dietro alla Parola che salva (è la Giornata della Parola di Dio, voluta dallo stesso Papa Francesco per sottolineare l’importanza dello studio delle Scritture nella Chiesa). «Che cosa dobbiamo lasciare? Certamente i nostri vizi e i nostri peccati, che sono come ancore che ci bloccano a riva e ci impediscono di prendere il largo. Per incominciare a lasciare è giusto che partiamo dal chiedere perdono» per ogni peccato, «ma occorre lasciare anche ciò che ci trattiene dal vivere pienamente, per esempio come le paure, i calcoli egoistici, le garanzie per restare al sicuro vivendo al ribasso. E bisogna anche rinunciare al tempo che si spreca dietro a tante cose inutili. Com’è bello lasciare tutto questo per vivere, ad esempio, il rischio faticoso ma appagante del servizio, o per dedicare tempo alla preghiera, così da crescere nell’amicizia con il Signore». In tempi in cui si accampano molte scuse per non fare figli, «penso anche a una giovane famiglia, che lascia il quieto vivere per aprirsi all’imprevedibile e bellissima avventura della maternità e della paternità. È un sacrificio, ma basta uno sguardo ai bambini per capire che era giusto lasciare certi ritmi e comodità, per avere questa gioia».
Ad ogni modo, per tutti viene il momento imprescindibile della propria vocazione «e su questo vi lascio qualche domanda. Anzitutto: io ricordo qualche “momento forte” in cui ho già incontrato Gesù? Ognuno di noi pensi alla propria storia: nella mia vita c’è stato qualche momento forte, in cui ho incontrato Gesù? E qualcosa di bello e di significativo che è avvenuto nella mia vita per aver lasciato altre cose meno importanti? E oggi, c’è qualcosa a cui Gesù mi chiede di rinunciare? Quali sono le cose materiali, i modi di pensare, le abitudini che ho bisogno di lasciare per dirgli davvero “sì”?». Altrove, per Gesù, stanno facendo sacrifici molto più duri di quelli che potrebbe permettersi un cattolico “occidentale”: il Santo Padre dice che «il mio pensiero, con dolore, va in particolare al Myanmar, dove è stata incendiata e distrutta la chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione nel villaggio di Chan Thar, uno dei luoghi di culto più antichi e importanti del Paese. Sono vicino all’inerme popolazione civile, che in molte città è sottoposta a dura prova» dal regime militare birmano.
«Inoltre, invito a pregare perché cessino gli atti di violenza in Perù. La violenza spegne la speranza di una giusta soluzione dei problemi. Incoraggio tutte le parti coinvolte a intraprendere la via del dialogo tra fratelli della stessa nazione, nel pieno rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto. Mi unisco ai Vescovi peruviani nel dire: ¡No a la violencia, venga de donde venga! ¡No más muertes!», esclama il Pontefice.