Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”. (Mt 9, 14-15)
Goloso è chi si fa dominare dall’avidità in tante manifestazioni: nel mangiare, nel bere, nel fumare, nell’astenersi dalle droghe, nell’usare il creato in modo rapace. Nei Padri della Chiesa la gola è l’ipocrisia dello stomaco, che si lamenta di essere vuoto anche quando non necessita affatto di cibo. Ben sappiamo che il cibo è indispensabile nutrimento per il corpo, ma anche gli istinti carnali più bassi ne sono influenzati. Chi non sa frenare il proprio stomaco dimostra una debole volontà. Tanti passi della Bibbia segnalano le tanto gravi, quanto banali cadute, commesse in occasione di grandi mangiate e bevute. Basti pensare ad Erode, che fece decapitare il Battista per compiacere una ballerina, durante un lauto banchetto. Il digiuno è un’occasione per testimoniare la forza dello Spirito Santo che dona virtù di temperanza.
Spesso i santi stavano a tavola come se neanche avessero fame; in realtà pregavano, anche durante i pasti, e dedicavano maggior attenzione ai commensali che al cibo. In sé stesso il digiuno non è una vera virtù; è un mezzo per acquisire virtù, che addestra al dominio di sé. Un mezzo deve sempre essere usato con carità. Se capitasse improvvisamente una grande occasione di festa, oppure se fosse indispensabile consolare una persona in grave difficoltà, come commensale, non ha senso digiunare. La carità supera il digiuno.