Lunedì 12 giugno 2023. Il messaggio del Santo Padre al Partito Popolare Europeo rilancia in qualche modo i “valori non negoziabili”, chiedendo unità e formazione attorno ad essi
di Michele Brambilla
L’11 giugno Papa Francesco, sottoposto ad un nuovo intervento chirurgico al Policlinico Gemelli, non può recitare l’Angelus in pubblico perché i medici gli impongono il riposo, ma pubblica un suo messaggio ai membri del Partito Popolare Europeo, di grande importanza.
In esso, infatti, il Santo Padre coglie alcuni aspetti fondamentali. Il primo è che «siete parlamentari, dunque siete rappresentanti dei cittadini che vi hanno affidato un mandato. Quando ci furono le prime elezioni del Parlamento Europeo, la gente si è interessata, era una novità, un passo avanti importante nella costruzione dell’Europa unita. Ma, come sempre, col passare del tempo l’interesse diminuisce; e allora è necessario curare bene il rapporto tra i cittadini e i parlamentari», dato che i primi ancorano i secondi alla realtà, se si tratta di cittadini rettamente formati.
In proposito, il Papa fa un’importante puntualizzazione sul pluralismo nei partiti. «È chiaro che un grande gruppo parlamentare debba prevedere un certo pluralismo interno» sui beni “intermedi”, «tuttavia, su alcune questioni in cui sono in gioco valori etici primari e punti importanti della dottrina sociale cristiana occorre essere uniti. Questo mi sembra un aspetto particolarmente interessante, perché chiede di pensare alla formazione permanente dei parlamentari», ma risuscita anche, in qualche modo, la categoria dei “valori non negoziabili” coniata da Benedetto XVI. Si parla, infatti, di «valori etici primari», su cui «è normale che anche voi abbiate bisogno di momenti di studio e di riflessione».
La vera tragedia di molti politici cattolici contemporanei, pare dire il Pontefice, è proprio quella di non essere stati educati a comprendere ciò che per la dottrina sociale della Chiesa è davvero importante e a distinguerlo da quanto può essere oggetto di mediazione. «Il politico cristiano», stando alla lettera del messaggio pontificio, «dovrebbe distinguersi per la serietà con cui affronta i temi, respingendo le soluzioni opportunistiche e tenendo sempre fermi i criteri della dignità della persona e del bene comune. A questo proposito, voi avete un patrimonio ricchissimo a cui attingere per portare il vostro contributo originale alla politica europea, cioè la dottrina sociale della Chiesa» nella sua interpretazione conforme al Magistero.
«Pensiamo, ad esempio, ai due principi di solidarietà e sussidiarietà e alla loro dinamica virtuosa. Ci sono aspetti etico-politici, legati ad ognuno di questi due principi, che voi condividete con colleghi di diverse appartenenze, i quali accentuano rispettivamente o l’uno o l’altro; ma l’intreccio dei due, il fatto di attivarli insieme e farli funzionare in maniera complementare, questo è proprio del pensiero sociale ed economico di ispirazione cristiana», che non fa separazioni ideologiche. Sempre per questo, bisogna coltivare «la visione di un’Europa che tenga insieme unità e diversità. Questo è fondamentale; ho avuto modo di sottolinearlo recentemente nella visita in Ungheria. Un’Europa che valorizzi pienamente le diverse culture che la compongono, la sua ricchezza enorme di tradizioni, di lingue, di identità, che sono quelle dei suoi popoli e delle loro storie; e che nel contempo sia capace, con le sue istituzioni e le sue iniziative politiche e culturali, di far sì che questo mosaico ricchissimo componga figure coerenti», senza pretendere l’omologazione. «E per questo ci vuole una forte ispirazione, un’“anima”, a me piace dire che ci vogliono dei “sogni”. Ci vogliono valori alti, e una visione politica alta», degna delle sfide di questo secolo.
Quanto al Novecento, esso testimonia in maniera evidentissima la necessità di un’autentica fraternità tra gli uomini. «Cari amici, facciamo memoria delle origini: non dimentichiamo come è nata l’Europa unita; non dimentichiamo la tragedia delle guerre del XX secolo. Il graduale e paziente lavoro di costruzione di un’Europa unita, in ambiti prima particolari e poi sempre più generali, che cosa aveva dentro come ispirazione? Quale ideale, se non quello di generare uno spazio dove si potesse vivere in libertà, giustizia e pace, rispettandosi tutti nella diversità? Oggi questo progetto è messo alla prova in un mondo globalizzato, ma può essere rilanciato attingendo all’ispirazione originaria», ovvero le radici cristiane del continente, a cui si rifacevano i veri “padri fondatori” della CEE.
Solo così si potranno entusiasmare davvero i giovani. Francesco invita a pensare a loro, abituati a muoversi da un’università estera all’altra: essi stanno rivivendo inconsapevolmente un meccanismo che era molto frequente nei secoli di Cristianità. «Guardiamo a loro, ai giovani, e pensiamo a un’Europa e a un mondo che siano all’altezza dei loro sogni», magari restituendo loro il “quadro” (la civiltà cristiana) che era dentro la “cornice” (la libertà di movimento) di cui si giovano.