Domenica 2 luglio 2023. l dono della profezia non è cessato con l’Antico Testamento, ma anche i battezzati possono parlare a nome e per grazia dello Spirito Santo. Ma i cattolici, domanda il Papa, si ascoltano tra loro?
di Michele Brambilla
Papa Francesco, nell’Angelus del 2 luglio, parte da una frase del Vangelo: «Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta» (Mt 10,41). Riguardo al profetismo, «c’è chi lo immagina come una sorta di mago che predice il futuro, ma questa è un’idea superstiziosa e il cristiano non crede alle superstizioni, come la magia, le carte, gli oroscopi o cose simili».
«Altri dipingono il profeta solo come un personaggio del passato, esistito prima di Cristo per preannunciare la sua venuta. Eppure Gesù stesso oggi parla del bisogno di accogliere i profeti», pertanto è necessario chiarire chi essi siano.
Sebbene, infatti, la Rivelazione si sia definitivamente conclusa con lo stesso Gesù Cristo (la predicazione di “novità” stravaganti è, per esempio, uno dei criteri per individuare le false apparizioni mariane), è altrettanto vero che «profeta, fratelli e sorelle, è ciascuno di noi: infatti, con il Battesimo tutti abbiamo ricevuto il dono e la missione della profezia (cfr Catechismo della Chiesa cattolica, 1268). Profeta è colui che, in forza del Battesimo, aiuta gli altri a leggere il presente sotto l’azione dello Spirito Santo. Questo è molto importante: leggere il presente non come una cronaca, ma sotto l’azione dello Spirito Santo», cogliendovi i segni sapienziali della Provvidenza.
Il profeta del Nuovo Testamento è, quindi, ogni battezzato quando interpreta la realtà secondo lo Spirito Santo. «In altre parole, il profeta è colui che indica agli altri Gesù, che lo testimonia, che aiuta a vivere l’oggi e a costruire il domani secondo i suoi disegni. Quindi tutti siamo profeti, testimoni di Gesù “perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale” (Lumen Gentium, 35)», dice il Pontefice citando il Concilio Vaticano II.
«Il Signore nel Vangelo chiede pure di accogliere i profeti; dunque è importante accoglierci a vicenda come tali, come portatori di un messaggio di Dio, ciascuno secondo il suo stato e la sua vocazione, e farlo lì dove viviamo, cioè in famiglia, in parrocchia, nelle comunità religiose, negli altri ambiti della Chiesa e della società», mentre invece si accolgono, spesso, solo le opinioni consentanee al proprio giro mentale o ideologico. «Lo Spirito ha distribuito doni di profezia nel santo Popolo di Dio: ecco perché è bene ascoltare tutti. Ad esempio, quando c’è da prendere una decisione importante, fa bene anzitutto pregare, invocare lo Spirito, ma poi ascoltare e dialogare, nella fiducia che ciascuno, anche il più piccolo, ha qualcosa di importante da dire, un dono profetico da condividere. Così si ricerca la verità e si diffonde un clima di ascolto di Dio e dei fratelli», spiega Francesco preparandoci indirettamente al Sinodo sulla sinodalità che si terrà ad ottobre, convocato proprio per incrementare l’acquisizione di questi atteggiamenti nella Chiesa.
Il Santo Padre chiede di lavorare a fondo su queste indicazioni, «perché ciascuno di noi ha bisogno di imparare dagli altri», dato che siamo tutti in cammino dietro all’unica Verità che salva, ovvero lo stesso Signore Gesù. Si trovano i medesimi accenti anche nella lettera al nuovo prefetto della Congregazione per la dottrina e la fede, l’argentino mons. Victor Manuel Fernandez, nominato il 1° luglio con il compito di favorire un «accrescimento armonioso» della riflessione ecclesiale.