Correggere il fratello

Lunedì 11 settembre 2023. L’apostolato non ha bisogno del pettegolezzo, primo gradino della scala della superbia secondo san Bernardo, ma di persone capaci di opporre alle armi dell’odio quelle della carità autentica

di Michele Brambilla

Papa Francesco evidenzia, introducendo l’Angelus del 10 settembre, che «oggi il Vangelo ci parla di correzione fraterna (cfr Mt 18,15-20), che è una delle espressioni più alte dell’amore, e anche delle più impegnative, perché non è facile correggere gli altri» senza portargli rancore! «Purtroppo, invece, la prima cosa che spesso si crea attorno a chi sbaglia è il pettegolezzo, in cui tutti vengono a conoscere lo sbaglio, con tanto di particolari, tranne l’interessato! Questo non è giusto, fratelli e sorelle, questo non piace a Dio», sottolinea il Papa citando san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), il quale «diceva che la curiosità sterile e le parole superficiali sono i primi gradini della scala della superbia, che non porta in alto, ma in basso, precipitando l’uomo verso la perdizione e la rovina (cfr I gradi dell’umiltà e della superbia)».

«Gesù, invece, ci insegna a comportarci in modo diverso. Ecco cosa dice oggi: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo”». Solamente nel caso fallisse questo primo step occorre “allargare il giro”, coinvolgendo poche persone fidate della comunità. «E se non capisce ancora? Allora, dice Gesù, coinvolgi la comunità. Ma anche qui precisiamo: non vuol dire mettere una persona alla gogna, svergognandola pubblicamente, bensì unire gli sforzi di tutti per aiutarla a cambiare», insiste il Pontefice. In ogni caso, no al “chiacchiericcio”.

Bisogna imitare, sostiene il Papa, la misura dell’amore di Maria, Madre nostra anche quando, con il peccato, ne crocifiggiamo il Figlio. Viviamo ore tragiche. Francesco esprime la sua vicinanza al Marocco, «colpito da un devastante terremoto. Prego per i feriti, per coloro che hanno perso la vita – tanti! – e per i loro familiari. Ringrazio i soccorritori e quanti si stanno adoperando per alleviare le sofferenze della gente».

Quanto a donazione di se stessi fino alla fine, «oggi a Markowa, in Polonia, sono stati beatificati i martiri Giuseppe e Vittoria Ulma con i loro 7 figli, bambini: un’intera famiglia sterminata dai nazisti il 24 marzo 1944 per aver dato rifugio ad alcuni ebrei che erano perseguitati. All’odio e alla violenza, che caratterizzarono quel tempo, essi opposero l’amore evangelico». Sul loro esempio «sentiamoci chiamati a opporre alla forza delle armi quella della carità, alla retorica della violenza la tenacia della preghiera. Facciamolo soprattutto per tanti Paesi che soffrono a causa della guerra; in modo speciale, intensifichiamo la preghiera per la martoriata Ucraina. Ci sono le bandiere, lì, dell’Ucraina, che sta soffrendo tanto, tanto», ripete il Pontefice nelle stesse ore in cui la diplomazia pontificia è particolarmente contestata dal governo ucraino a causa del discorso pronunciato dal Santo Padre davanti ai giovani russi il 25 agosto. Proprio a Roma è riunito, in questi giorni, il sinodo dei vescovi greco-cattolici ucraini. 

Il mondo contemporaneo è avvolto dalla crisi, ma si intravedono raggi di speranza, che arrivano come sempre dalle nostre radici: «Rivolgiamo oggi il pensiero all’Abbazia di Mont-Saint-Michel, in Normandia, che celebra il millennio della consacrazione del tempio». 1000 anni di Messa in uno dei più insigni monasteri d’Europa! Un seme tenace, che porta frutto per il passato, per il presente e per il futuro, perché Christus vincit.

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