Giovedì 28 settembre 2023. Il Mediterraneo come luogo in cui costruire la fraternità perché, ricorda il Papa, il Vangelo è transitato in Europa proprio attraverso il mare nostrum e siamo ancora chiamati a metterlo in pratica come i nostri padri
di Michele Brambilla
Come ricorda Papa Francesco all’inizio dell’udienza del 27 settembre, «alla fine della scorsa settimana mi sono recato a Marsiglia per partecipare alla conclusione dei Rencontres Méditerranéennes, che hanno coinvolto Vescovi e Sindaci dell’area mediterranea, insieme con numerosi giovani, perché lo sguardo fosse aperto al futuro» e non soltanto al presente, caratterizzato da guerre, naufragi e chiusure che il Papa ritiene, come ha ripetuto più volte in questi giorni, preconcette e intollerabili. «In effetti, l’evento di Marsiglia era intitolato “Mosaico di speranza”. Questo è il sogno, questa è la sfida: che il Mediterraneo recuperi la sua vocazione, di essere laboratorio di civiltà e di pace» senza rinunciare a nessuno dei suoi molti “colori” etnici e culturali.
«Il Mediterraneo, lo sappiamo, è culla di civiltà, e una culla è per la vita», trasformato troppo spesso in tomba a causa di barchini e barconi, carichi di migranti, che vi affondano. «Dalla sua sponda orientale, duemila anni fa, è partito il Vangelo di Gesù Cristo», e questo è punto nodale, dato che il suo annuncio «naturalmente non avviene per magia e non si realizza una volta per tutte», ammonisce pensando soprattutto all’Occidente, dimentico delle proprie radici cristiane. L’annuncio del Vangelo «è il frutto di un cammino in cui ogni generazione è chiamata a percorrere un tratto, leggendo i segni dei tempi in cui vive», trasformandolo, insomma, in civiltà.
Il Santo Padre spiega che l’incontro di Marsiglia «non è stato un evento isolato, ma il passo in avanti di un itinerario, che ebbe i suoi inizi nei “Colloqui Mediterranei” organizzati dal Sindaco Giorgio La Pira, a Firenze, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Un passo avanti per rispondere, oggi, all’appello lanciato da San Paolo VI nella sua Enciclica Populorum progressio, a promuovere “un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri” (n. 44)».
«Dall’evento di Marsiglia che cosa è uscito? È uscito uno sguardo sul Mediterraneo che definirei semplicemente umano, non ideologico, non strategico, non politicamente corretto né strumentale, umano, cioè capace di riferire ogni cosa al valore primario della persona umana e della sua inviolabile dignità», rimarca il Papa regnante con determinazione. «Fratelli e sorelle, questa speranza, questa fraternità, non deve “volatilizzarsi”, no, al contrario deve organizzarsi, concretizzarsi in azioni a lungo, medio e breve termine. Perché le persone, in piena dignità, possano scegliere di emigrare o di non emigrare» liberamente, ma sempre e comunque in un clima fraterno tra le sponde del Mediterraneo. Il messaggio è indirizzato all’Europa, perché «occorre ridare speranza alle nostre società europee, specialmente alle nuove generazioni. Infatti, come possiamo accogliere altri, se non abbiamo noi per primi un orizzonte aperto al futuro? Dei giovani poveri di speranza, chiusi nel privato, preoccupati di gestire la loro precarietà, come possono aprirsi all’incontro e alla condivisione? Le nostre società tante volte ammalate di individualismo, di consumismo e di vuote evasioni hanno bisogno di aprirsi, di ossigenare l’anima e lo spirito, e allora potranno leggere la crisi come opportunità e affrontarla in maniera positiva».
«L’Europa ha bisogno di ritrovare passione ed entusiasmo», ma glieli si può ridare solamente rivedendo le proprie posizioni culturali, oggi improntate al nichilismo e lesive del diritto alla vita in qualunque forma si presenti, pare dire il Pontefice. Una conferma arriva dalle parole spese proprio per i pellegrini francesi, ai quali ribadisce che «l’Europa ha bisogno di ritrovare la passione e l’entusiasmo che ho trovato a Marsiglia, con il suo Pastore, i sacerdoti, le persone consacrate e i tanti fedeli impegnati nella carità e nell’educazione», dove il punto nodale sembra proprio essere la formazione delle nuove generazioni. Ancora più espliciti i saluti ai pellegrini boemi, a cui rammenta che è la «festa di San Venceslao, in particolare saluto il coro dei ragazzi Ondášek. L’esempio del Patrono principale della Nazione ceca, che fu grande testimone della fede, vi aiuti a custodire la vostra eredità spirituale e a tramandarla ai vostri figli». Vale per la Repubblica Ceca, ma vale per tutta l’Europa: si dialoga solo a partire da identità ben definite.