Lunedì 6 novembre 2023

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». (Lc 14,12-14)
Gesù è invitato in giorno di sabato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare (14,1). I presenti  sono molto interessati e attenti ad ogni suo comportamento. Ormai tutti sono attratti dalla sua mite e forte amabilità che emana dalle sue azioni e dalla sua  dottrina felicemente sorprendente e convincente per semplicità, profondità e superiorità. L’occasione del pranzo si presta a presentare la salvezza dal peccato e dalla morte come un  convito in cui Dio stesso siede a fianco dell’uomo per liberarlo e guidarlo con i suoi insegnamenti  sulla via del cielo. Gli uomini invitano Gesù con subdola intenzione di spiarlo. Gesù accetta, ma a sua volta l’invita, di  lì a poco, al banchetto celeste (14,16-24). Davanti a Gesù sta un idropico (14,2), un uomo tutto pieno di acqua in modo anormale. Lo  guarisce, in piena legalità, senza remore o difficoltà, dimostrando che è Signore anche del sabato  (14,3-6). Seguono poi le sue istruzioni, diremmo a primo acchito, sul comportamento da tenere nei conviti,  ma che in realtà sono una messa a punto della formazione propria del discepolo chiamato a vivere in tutta umiltà la vita nuova del regno (vv. 7-11). Innanzitutto Gesù insegna che è opportuno occupare l’ultimo posto invece che presumere, anche solo inconsciamente, di potersi arrogare la speciale reputazione di chi è più ragguardevole fra gli  invitati. Sarebbe infatti vergognoso il ripiegamento nella destinazione finale dell’ultimo posto.  Viceversa, sarà sempre possibile ricevere l’onore di tutti in caso di condizioni adeguate note al padrone di casa.  Gesù presenta, al di là di mere nozioni di galateo nei pubblici conviti e di buon senso, la grande  lezione di umiltà che, nel Vangelo della S. Messa odierna, diventa appello al servizio per i poveri e  bisognosi che essi stessi non potranno ricambiare, ma Dio certamente ricompenserà con il suo  amore infinito (vv. 12-14).  Oggi siamo in tempi di ricostruzione e di cura per debellare la malattia della superbia e delle vanità in cui precipita, spinto da varie forme di tentazione, ogni uomo che viene nel mondo.  Urge, come sempre dopo la prima caduta nel peccato della ribellione e della disubbidienza, una  rinnovata opera educativa ponendo mano ad una costante e vera riforma di vita. I passi evangelici  citati ne indicano la direzione. Innanzitutto bisogna avere il coraggio della temperanza nell’uso dei beni materiali per non cadere  nella schiavitù delle vanità che ingombrano e impediscono la buona salute fisico spirituale. Pertanto, diventa sempre più necessario l’impegno personale di ognuno di noi contro la superbia e  la vanagloria per conservare l’amore di Dio in una comunione filiale, grata, ubbidiente, docile e  rispettosa partendo dalla necessaria esperienza della vita sacramentale. Questa conservazione dell’amore di Dio nella nostra vita personale, ecclesiale e sociale, ci abilita a  conservare, attualizzare e incrementare le condizioni socio culturali che le istituzioni a loro volta  potranno recepire e difendere a favore del bene comune. Il beato Contardo Ferrini (1859-1902), giurista, proprio oggi ricordato dalla Chiesa, ci incoraggia  con la testimonianza della sua vita spirituale e della scienza di laico cattolico impegnato sulle  Cattedre universitarie dal nord al sud d’Italia oltre che nell’amministrazione della cosa pubblica a  Milano. Non si avrà certamente l’impossibile paradiso in terra, ma immancabilmente si comincerà a  condividere una vera comunanza di destino che affratellerà tutti.  I più abbienti sentiranno l’amore per rispettare e sovvenire ed elevare il tenore di vita dei più  bisognosi. Questi, liberi dall’odio e dalla ribellione, raccoglieranno la lezione e potranno divenire sempre più responsabili nella realizzazione del presente e del futuro dei propri figli trasmettendo  loro il fuoco eterno dell’amore di Dio che purifica e rinnova la vita in un contesto che, sia pure  ancora nei limiti di questo mondo, prefigura la festa della comunione eterna dei beati.  

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