Mercoledì 29 maggio 2024

In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo e Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».
Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Marco 10,32-45).


Gli evangelisti Matteo, Marco e Luca riportano i tre annunci di Gesù sulla sua passione e morte in croce dopo essere stato consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, e da questi ai pagani. Le predizioni di Gesù riguardanti la sua morte ignominiosa, come il peggiore dei malfattori, erano dure e incomprensibili alle orecchie dei suoi discepoli, convinti che il loro Maestro doveva essere il Messia glorioso, alla maniera grandiosa dei potenti della terra, come tutti si attendevano. Essi non osavano neppure chiedere spiegazione a Gesù su tale argomento.

Anzi, presi dalla paura per avergliene sentito parlare in modo per loro impensabile, facevano di tutto per distrarsi, preferivano cambiare discorso e si autoconvincevano che bisognava piuttosto essere pronti e previgenti per assumere le responsabilità di governo nel nuovo regno, naturalmente in pieno accordo con Gesù. Per questo arrivavano anche a litigare fra di loro e a sdegnarsi con quelli che osavano scalzare gli altri nel chiedere direttamente al Maestro di riservare loro i posti più importanti di governo con lui. Ma Gesù li riporta alla verità del regno che sta per instaurare e alla retta comprensione dell’autorità che lo deve sorreggere.

Innanzitutto è necessario capire che non si tratta di instaurare nel mondo un governo accanto ad altri o in concorrenza con essi per affermare il dominio e la supremazia sulle persone da governare. Il regno è Gesù stesso, venuto a servire e a dare la sua vita per tutti (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n. 5) con il sacrificio dell’amore del suo Cuore Redentore: egli andrà a morire sulla croce bevendo il calice della condanna dei peccati dell’umanità, disobbediente alla Bontà del Padre. Chi si unirà a questo unico sacrificio d’amore del Corpo e sangue di Cristo, vivo e vero nel Sacrificio eucaristico lungo lo scorrere del tempo, avrà il beneficio dello stesso amore del Figlio di Dio e inizierà a godere la grazia della sua nuova umanità gloriosa, vittoriosa sul peccato e sulla morte. Questo regno di verità, amore e giustizia, realizzato per sempre dal Cuore di Cristo, è vivo nel Cuore Immacolato di Maria, sua e nostra Madre, la quale desidera che tutti crediamo nel suo Figlio ed entriamo a far parte del suo regno, cioè della nuova umanità dei redenti in Cristo, nella Chiesa e nelle società degli uomini, chiamati alla libertà della conversione. 

Ormai, con buona pace dei vari figli di Zebedeo sempre emergenti fra noi cristiani, nella Chiesa e nel mondo, comprendiamo che l’autorità preposta a governare, lungi dall’essere il modo per alimentare prestigio e varie altre forme di vanità personale, deve essere un servizio umile, gioioso e attento al bene di tutti per la maggior gloria di Dio, e non un potere fine a sé stesso. Pertanto l’unico obiettivo dei vescovi (cfr. Costituzione dogmatica Lumen gentium, n. 27), dei sacerdoti (cfr. Decreto Presbyterorum ordinis, n. 4) e di tutta la Chiesa è continuare l’opera stessa di Cristo, venuto nel mondo per servire alla salvezza di tutti e non per essere servito (cfr. Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 3).

 

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