Domenica 2 giugno 2024. Il significato di «lo diede loro» è un Dio che si dona totalmente agli uomini in maniera tale che chi mangia il suo Corpo e beve il suo Sangue diventa come Lui, dice il Papa citando san Leone Magno
di Michele Brambilla
«In Italia e in altri Paesi oggi si celebra la Solennità del Corpus Domini», puntualizza Papa Francesco all’inizio dell’Angelus del 2 giugno, ricordando che «il Vangelo della liturgia racconta l’Ultima Cena (Mc 14,12-26), durante la quale il Signore compie un gesto di consegna: infatti, nel pane spezzato e nel calice offerto ai discepoli, è Lui stesso che si dona per tutta l’umanità e offre sé stesso per la vita del mondo».
Il Papa sottolinea che «in quel gesto di Gesù che spezza il pane, c’è un aspetto importante che il Vangelo sottolinea con le parole “lo diede loro”»: un verbo di distribuzione che ha come destinazione i discepoli e, indirettamente, tutta l’umanità. Infatti «Egli non ha trattenuto la vita per sé, ma l’ha donata a noi; non ha considerato un tesoro geloso il suo essere come Dio, ma si è spogliato della sua gloria per condividere la nostra umanità e farci entrare nella vita eterna (cfr Fil 2,1-11)».
«Comprendiamo allora che celebrare l’Eucaristia e cibarci di questo Pane, come facciamo specialmente alla domenica, non è un atto di culto staccato dalla vita o un semplice momento di consolazione personale; sempre dobbiamo ricordarci che Gesù, prendendo il pane, lo spezzò e lo diede loro, perciò, la comunione con Lui ci rende capaci di diventare anche noi pane spezzato per gli altri, capaci di condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo»: in proposito, san Leone I Magno sostiene in una sua omelia pasquale che «la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a farci diventare quello che mangiamo» (Sermone XII sulla Passione, 7).
«Ecco, fratelli e sorelle, a cosa siamo chiamati: a diventare ciò che mangiamo, a diventare “eucaristici”, cioè persone che non vivono più per sé stesse (cfr Rm 14,7), nella logica del possesso e del consumo, ma che sanno fare della propria vita un dono per gli altri», dice anche Francesco.
«Così, grazie all’Eucaristia, diventiamo profeti e costruttori di un mondo nuovo: quando superiamo l’egoismo e ci apriamo all’amore, quando coltiviamo legami di fraternità, quando partecipiamo alle sofferenze dei fratelli e condividiamo il pane e le risorse con chi è nel bisogno, quando mettiamo a disposizione di tutti i nostri talenti, allora stiamo spezzando il pane della nostra vita come Gesù»: parole che sono un’ottima introduzione agli appelli che il Papa lancia tradizionalmente dopo la preghiera mariana. In particolare «vi invito a pregare per il Sudan, dove la guerra che dura da oltre un anno non trova ancora una soluzione di pace. Tacciano le armi e, con l’impegno della Autorità locali e della Comunità internazionale, si porti aiuto alla popolazione e ai tanti sfollati; i rifugiati sudanesi possano trovare accoglienza e protezione nei Paesi confinanti. E non dimentichiamo la martoriata Ucraina, la Palestina, Israele, il Myanmar». Il Pontefice non teme di pronunciare la parola «escalation» e chiede ai governanti di fare di tutto per evitarla sedendosi al tavolo delle trattative.
Tra i tanti pellegrini, il Santo Padre saluta «il Centro Culturale “Luigi Padovese” di Cucciago», intitolato al vescovo missionario ambrosiano (1947-2010) decapitato dal suo autista musulmano in Turchia il 3 giugno 2010.