In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva.
Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.
Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Matteo 8,23-27).
Dalla lettura meditata di questo Vangelo noi cristiani, come i primi discepoli, comprendiamo che nella traversata della vita verso l’eternità bisogna prevedere la comparsa della tempesta che in vari modi provoca abbattimento, smarrimento e paura. Però questi stati d’animo sono felicemente superati dalla fede nel Signore Gesù, che minaccia i venti e il mare e riporta il bel tempo.
Nella vita della famiglia e dei popoli, dopo la prima caduta nel peccato, non c’è pace. Solo con Cristo, vittorioso sul peccato e sulla morte con la potenza infinita del suo amore crocifisso, possiamo avere giorni migliori, segno della sua risurrezione già all’opera nella storia. Per questo, dalle parole di Gesù ai discepoli, presi dalla paura e dallo stupore, impariamo ad avere fede in lui, unico Salvatore di tutti, della famiglia e delle società umane.
Nell’attuale cambiamento d’epoca, su cui puntualmente attira l’attenzione di tutti il Santo Padre, Papa Francesco, si solleva sempre più minacciosa la tempesta della dittatura del relativismo e della cultura della morte contro la vita, dalla nascita alla morte naturale. Certamente non restiamo solitari, disperati, rematori autocandidati alla sconfitta. Anzi, grazie alla fede in Cristo, sentiamo che è possibile superare la tempesta e cambiare la storia. In questa prospettiva, ci sentiamo sempre più liberi dalle illusioni e menzogne paralizzanti del mondo e proponiamo la nostra agenda per stabilire, nei vari ambiti sociali, paletti di ordine e di civiltà per la vita e la libertà delle nuove generazioni.
Facciamo tesoro pertanto delle parole del Papa che nel suo Momento straordinario di preghiera sul Sagrato della Basilica di San Pietro, venerdì 27 marzo 2020, esortava tutta l’umanità a resistere efficacemente all’aggressione della tempesta virale Covid-19, simbolica sintesi di altrettanto gravi, allarmanti e desolanti aggressive tempeste in atto da tempo.
Il nostro è tempo non più di paura o di inutili lamenti, ma di fede e di intelligente e amorevole impegno a ribadire le verità eterne, sole capaci di unire e garantire l’appartenenza di tutti alla famiglia umana con il suo vero Salvatore Gesù Cristo. Ascoltiamo il Papa: «La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.
«“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.
«“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, “ritornate a me con tutto il cuore” (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è.
«“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai».