In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11, 25-30)
Secondo Gesù, quelli che più fanno fatica a intendere il linguaggio di Dio, a gustare la determinante dimensione religiosa dell’universo intero, senza di cui nulla nella vita è semplice e vivibile, sono coloro che sanno, e più ancora sono coloro che “sanno di sapere”. Sono coloro che si ritengono perspicaci oltre la media, troppo furbi e molto – o meglio troppo – informati e nella loro complicazione danno giudizi in base a quanto hanno inteso, i quali giudizi regolarmente non tornano con la realtà. Non sono più in grado di cogliere la semplicità del progetto del Padre Eterno. Discutono a lungo, e altrettanto complicano, la dottrina evangelica e più ancora le vicende ecclesiali. Non vedono più la mano tesa del Signore all’umanità affaticata e non colgono alcuna soprannaturalità nella Sposa amata dal Signore. Nessuna condanna riguardo l’onesta ricerca intellettuale, nemmeno privare del perdono chi possa essersi smarrito durante questi percorsi di studio.
La pagina odierna ci vuole mettere in allarme verso l’aridità del cuore, l’orgoglio crescente, quell’egoismo che rischia di invaderci dietro i nostri titoli accademici, lo spirito di contestazione che spesso asserve, ma anche acceca, coloro che in virtù dei loro percorsi culturali pensano di essere più competenti in materia e di fede e quindi autorizzati a dare un giudizio. C’è purtroppo chi si occupa di religione, anche internamente al mondo ecclesiastico, ma sembra ricavarne solo complicazione, dubbio, disorientamento, produttori di problemi con discussioni e analisi tanto chilometriche quanto sterili.
Quanto conviene imitare lo sguardo umile di Maria la quale, Immacolata, vedeva come il male del mondo, fosse risolvibile solo con un intervento di Dio, per cui: venga il Salvatore nel mio grembo. La nostra fede si radica nella piena coscienza che ebbe Gesù di essere il Figlio di Dio. Tutto il resto poggia su questa certezza, autenticata dalla sua Risurrezione. Tra Lui e il Padre c’è comunione e identità totale.
Possiamo riprendere ora la prima grande frase di questo brano del Vangelo – darò ristoro a tutti gli affaticati – impronunciabile da qualunque uomo. Solo l’uomo Dio, morto in croce, poteva spendere simile affermazione che è il trionfo della vita e della pace. Tanti nella storia hanno tentato di realizzare questo stato esistenziale, ma i fatti li hanno sempre smentiti. Solo Dio può consolare tutti gli affaticati e oppressi del mondo, anche senza distoglierli dalla fatica quotidiana e dall’oppressione. Gesù lo disse un tempo e tutt’ora è fedele alle sue parole. Oggi stesso, non c’è nessuno, che si affidi totalmente a Lui, che non ne esca rinfrancato da una speranza nuova, più forte della morte.