La parola eterna del Signore

Domenica 17 novembre 2024. Anche nelle fatiche e nelle tribolazioni ricordarsi di custodire la Speranza

di Michele Brambilla

Come spiega lo stesso Papa Francesco per l’Angelus del 17 novembre, «nel Vangelo della Liturgia odierna Gesù descrive una grande tribolazione: “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce” (Mc 13,24). Di fronte a questa sofferenza, molti potrebbero pensare alla fine del mondo, ma il Signore coglie l’occasione per offrirci una diversa chiave di lettura, dicendo: “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mc 13,31)».

Il Papa invita quindi a concentrarsi su «ciò che passa e ciò che resta», dato che «in alcune circostanze della nostra vita, quando attraversiamo una crisi o sperimentiamo qualche fallimento, così pure quando vediamo attorno a noi il dolore causato dalle guerre, dalle violenze, dalle calamità naturali, abbiamo la sensazione che tutto vada verso la fine, e avvertiamo che anche le cose più belle passano».

«Le crisi e i fallimenti, però, anche se dolorosi, sono importanti, perché ci insegnano a dare a ogni cosa il giusto peso, a non attaccare il cuore alle realtà di questo mondo, perché esse passeranno», mentre il Signore rimane per sempre. Infatti, «allo stesso tempo Gesù parla di ciò che resta. Tutto passa, ma le sue parole non passeranno: le parole di Gesù rimangono in eterno. Ci invita così a fidarci del Vangelo, che contiene una promessa di salvezza e di eternità, e a non vivere più sotto l’angoscia della morte. Infatti, mentre tutto passa, Cristo resta. In Lui, in Cristo, un giorno ritroveremo le cose e le persone che sono passate e che ci hanno accompagnato nell’esistenza terrena».

«Alla luce di questa promessa di risurrezione, ogni realtà acquista un significato nuovo: tutto muore e anche noi un giorno moriremo, ma non perderemo nulla di quanto abbiamo costruito e amato, perché la morte sarà l’inizio di una nuova vita» in Cristo risorto. Bisogna quindi capire se fondiamo la nostra vita sulle promesse eterne di Dio.  

Questa diventa una chiave per interpretare l’intera storia umana, anche quella a noi contemporanea, segnata da moltissimi conflitti armati. Il Novecento non è stato da meno, infatti «ieri a Scutari sono stati beatificati due martiri: Luigi Palić, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, e Gjon Gazulli, sacerdote diocesano, vittime della persecuzione religiosa del XX secolo. E oggi a Friburgo in Brisgovia è stato beatificato un altro martire, il sacerdote Max Josef Metzger, fondatore dell’Istituto secolare di Cristo Re, avversato dal nazismo per il suo impegno religioso in favore della pace. L’esempio di questi martiri conforti tanti cristiani che nel nostro tempo sono discriminati per la fede». Per quanto concerne i due frati francescani, essi furono uccisi nel 1913 e nel 1926, in una fase persecutoria poco nota. 

Come dice il tema della Giornata mondiale dei poveri, «la preghiera del povero sale fino a Dio» (Sir 21,5). Il Pontefice si fa eco ancora una volta di molti disperati quando continua a pregare per la pace «nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, in Myanmar, in Sudan. La guerra rende disumani, induce a tollerare crimini inaccettabili. I Governanti ascoltino il grido dei popoli che chiedono pace», aggiunge. 

Comments are closed.