Gioia divina

Mercoledì 27 novembre 2024. Siamo fatti per Dio e solo Lui ci appaga completamente

di Michele Brambilla

Papa Francesco, introducendo l’udienza del 27 novembre, dice che «dopo aver parlato della grazia santificante e dei carismi, vorrei soffermarmi oggi su una terza realtà legata all’azione dello Spirito Santo: i “frutti dello Spirito”. Cos’è il frutto dello Spirito? San Paolo ne offre un elenco nella Lettera ai Galati. Scrive: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (5,22)».

«A differenza dei carismi, che lo Spirito dà a chi vuole e quando vuole per il bene della Chiesa, i frutti dello Spirito – ripeto: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé – sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la nostra libertà. Questi frutti esprimono sempre la creatività della persona, nella quale “la fede opera per mezzo della carità” (Gal 5,6)»: non tutti potremo essere apostoli, profeti ed evangelisti, ma tutti dovremo amare il nostro prossimo come noi stessi. 

«Tra i frutti dello Spirito elencati dall’Apostolo, mi piace metterne in risalto uno, richiamando le parole iniziali dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium», che è proprio la gioia che dà essere testimoni di Gesù. «A volte ci saranno momenti tristi, ma sempre c’è la pace. Con Gesù c’è la gioia e la pace»: quelle che solo la sua presenza può dare.

«La gioia, frutto dello Spirito, ha in comune con ogni altra gioia umana un certo sentimento di pienezza e di appagamento», ma è caratterizzata da un’eccedenza trascendente che supera ogni consolazione terrena. «Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non risposa in te», diceva sant’Agostino d’Ippona. «Solo grazie all’incontro – o reincontro – con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. […] Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice» (Evangelii gaudium, 8).

Il Papa ricorda, in proposito, che «cinque secoli fa, viveva qui a Roma un santo chiamato Filippo Neri. Egli è passato alla storia come il santo della gioia. Ai bambini poveri e abbandonati del suo Oratorio diceva: “Figlioli, state allegri; non voglio scrupoli o malinconie; mi basta che non pecchiate”. E ancora: “State buoni, se potete!”. Meno conosciuta, però, è la sorgente da cui veniva la sua gioia. San Filippo Neri aveva un tale amore per Dio che a volte sembrava che il cuore gli scoppiasse nel petto. La sua gioia era, nel senso più pieno, un frutto dello Spirito». Poiché si avvicina l’apertura della Porta Santa, Francesco aggiunge che «il santo partecipò al Giubileo del 1575, che egli arricchì con la pratica, mantenuta in seguito, della visita alle Sette Chiese. Fu, al suo tempo, un vero evangelizzatore mediante la gioia. E aveva questo tratto proprio di Gesù: perdonava sempre, perdonava tutto», come ama ripetere lo stesso Pontefice. 

Il Papa chiede ai bambini di pregare per i loro coetanei ucraini, «senza riscaldamento, con un inverno molto duro, molto forte. Pregate per i bambini e i ragazzi ucraini. Lo farete? Pregherete? Tutti voi. Non dimenticate. E preghiamo anche per la pace in Terra Santa; Nazareth, Palestina, Israele». 

Saluta anche i partecipanti ad un convegno su san Giovanni Paolo II pensato per i giovani di oggi, che non lo hanno conosciuto di persona. 

Annuncia egli stesso che da mercoledì prossimo verrà letta, al termine delle udienze generali, anche una sintesi in lingua cinese. 

 

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