Mercoledì 4 dicembre 2024. Il Signore parla attraverso i suoi discepoli
di Michele Brambilla
Papa Francesco introduce l’udienza del 4 dicembre mettendo al centro «l’opera evangelizzatrice dello Spirito Santo». Dio parla attraverso la Chiesa in tutte le sue articolazioni. Infatti «la Prima Lettera di Pietro definisce gli apostoli “coloro che hanno annunciato il Vangelo mediante lo Spirito Santo” (cfr 1,12). In questa espressione troviamo i due elementi costitutivi della predicazione cristiana: il suo contenuto, che è il Vangelo, e il suo mezzo, che è lo Spirito Santo» presente nei discepoli.
«Nel Nuovo Testamento, la parola “Vangelo” ha due significati principali. Può indicare ognuno dei quattro Vangeli canonici: Matteo, Marco, Luca e Giovanni, e in questa accezione per Vangelo si intende la buona notizia proclamata da Gesù durante la sua vita terrena», spiega il Papa. «Dopo la Pasqua, la parola “Vangelo” assume il nuovo significato di buona notizia su Gesù, cioè il mistero pasquale della morte e risurrezione del Signore», che è il cuore della predicazione cristiana, tradizionalmente definito kerygma. «Questo è ciò che l’Apostolo chiama “Vangelo”, quando scrive: “Io non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16)»: tutto il resto della dottrina è conseguenza del kerygma. «Per questo nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium si insiste tanto sulla prima delle due cose, cioè sul kerygma, o “proclamazione”, da cui dipende ogni applicazione morale», dice il Papa sul suo stesso magistero.
«Fin qui abbiamo visto il contenuto della predicazione cristiana. Dobbiamo però tener presente anche il mezzo dell’annuncio. Il Vangelo dev’essere predicato “mediante lo Spirito Santo” (1 Pt 1,12). La Chiesa deve fare proprio ciò che Gesù disse all’inizio del suo ministero pubblico: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18). Predicare con l’unzione dello Spirito Santo significa trasmettere, insieme con le idee e la dottrina, la vita e la convinzione della nostra fede», sottolinea il Santo Padre. Significa testimoniare il Signore con tutto se stessi, lasciando agire, senza molte altre mediazioni, la Grazia.
«Facile a dirsi – si potrebbe obbiettare –, ma come metterlo in pratica se non dipende da noi, ma dalla venuta dello Spirito Santo? In realtà, c’è una cosa che dipende da noi, anzi due»: la prima è la preghiera, che deve sostenere ogni opera di apostolato (altrimenti diventa opera meramente umana, rimprovera il Pontefice). La seconda è «non volere predicare noi stessi ma il Signore. Non occorre dilungarci su questo, perché chiunque è impegnato nell’evangelizzazione sa bene che cosa significa, nella pratica, non predicare sé stessi», chiosa Francesco. «Mi limito a un’applicazione particolare di tale esigenza. Non volere predicare sé stessi implica anche non dare sempre la precedenza a iniziative pastorali promosse da noi e legate al proprio nome, ma collaborare volentieri, se richiesto, a iniziative comunitarie, o affidateci» dalla gerarchia.
Parlando specificamente ai pellegrini polacchi, il Papa accenna alla «XXV^ Giornata della preghiera e dell’aiuto materiale per la Chiesa dell’Est. Ringrazio tutti coloro che sostengono con la preghiera e le offerte la Chiesa in quei territori, specialmente in Ucraina, martoriata dalla guerra». Ribadisce che «la guerra è una sconfitta umana. La guerra non risolve i problemi, la guerra è cattiva, la guerra distrugge. Preghiamo per i Paesi in guerra. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, non dimentichiamo la Palestina, Israele, Myanmar», dove muoiono tanti innocenti. Il Pontefice pensa soprattutto ai bambini e chiede di pregare insistentemente per la pace.