In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11, 28-30)
Lo scoraggiamento, con la stanchezza che ne consegue, è uno stato dell’anima sempre in agguato, perché l’oscuro signore del mondo opera sempre in tal senso, sfruttando mille debolezze umane, soprattutto unite alle situazioni contingenti. C’è il peso della strada già percorsa, il peso delle delusioni e incomprensioni, il peso degli insuccessi, degli ambienti meschini e della sfiducia. Tutto questo, e altro ancora, si accumula e intorpidisce, offusca la vista e ci lascia senza energie. Si ha solo voglia di lasciarsi andare. Non serve insistere! Basta così! Non ha più senso procedere.
E’ l’esperienza che ebbe tanti secoli or sono, il profeta Elia, quando venne a trovarsi solo in mezzo al deserto (1Re 19). Durante il suo lungo ministero, seduto sotto un ginepro, desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Per due volte, il suo sonno fu interrotto da un angelo, che gli mostrò una bella focaccia e lo esortò a mangiare, perché il cammino era troppo lungo per lui con le sue misere forze umane. Con le energie dategli dai pasti, riprese il cammino e camminò per quaranta giorni e quaranta notti. Ma alla fine ancora lo colse la stanchezza e lo scoraggiamento: “Sono rimasto solo…”.
Si è scavato un vuoto innanzi a me e soprattutto dentro ognuno di noi, che vediamo sempre dei ginepri sotto cui lasciarci andare. E’ il ginepro della rassegnazione, delle abdicazioni, della mediocrità, dell’indifferenza. Il Signore risponde ad Elia, non tanto con una consolazione, nonostante le focacce. Risponde con una provocazione: devi percorrere ancora molta strada, direi troppa. Non concede sonni tranquilli alla stanchezza del profeta. Dio propone una cura insolita. Non sei stanco per le opere compiute ma per il lavoro tralasciato. La tua stanchezza è da eccessivo riposo, da sedentarietà. La tua stanchezza non è dovuta dal peso del lavoro, ma dal non lavoro. La stanchezza non ce l’hai dietro, ma davanti. Sei stanco di ciò che non intendi essere. Sei stanco perché non hai il coraggio dei tuoi sogni, che non riesci a scordare, perché sono ciò che Dio vuole da te. Sei stanco perché non cammini. Poi…finalmente! Gesù ci dà un ristoro e… ci molla addosso un giogo! E’ dolce, ma pur sempre un giogo. E il pane che ci fortifica, è la strada, cioè: Lui stesso, “Io sono il pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,51). Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Dunque, mangiando Lui, noi ci nutriamo della nostra via. La strada diventa il nostro alimento. La strada diventa il rimedio della nostra stanchezza. Camminiamo quindi con Gesù. Più sarà lunga e impegnativa la strada che dobbiamo percorrere, e più avremo tempo a disposizione per lasciarci dietro la stanchezza.