Mercoledì 8 gennaio 2025

In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
(Mc 6, 34-44)


In Matteo il verbo “avere compassione” ricorre cinque volte. E’ significativo il primo versetto qui citato in Marco : “Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore”. La compassione di Gesù sarà il motivo ispiratore della missione affidata ai dodici apostoli. Tutta la Chiesa è esortata alla sua missione dalla capacità che Gesù ci ha edificato nella Pentecoste, di comprendere la sofferenza delle anime e sanarle con la parola e i sacramenti. Con Gesù la compassione non scade mai in sterile sentimentalismo che non affronta mai i problemi del cuore. La compassione sterile indebolisce. 

La carità cattolica, quando si organizza – “dove due o tre sono in me riuniti io sono in mezzo a loro”- è sempre travolgente. In parrocchia, quando c’è un problema gravoso, basta sollevare la questione con molta carità verso la sposa del Salvatore. Inizia sempre un movimento di coordinamento insperato e misterioso. Risuona sempre perentorio il verbo ecclesiale di Cristo: “Le porte dell’inferno mai prevarranno…”. Avere compassione o pietà, significa esercitare la compassione in atto. Siamo innanzi non a un vago sentimento, ma a un servizio da compiere. La compassione è amore che interviene ad affrontare qualunque miseria dell’umanità. La strada di Gesù non esclude nessuno di noi: “guariva ogni sorta di infermità”. Si ferma solo per pregare – ciò che è sempre più urgente – fare il punto della situazione, poi invita i dodici e così è la sua marcia viene amplificata. Non si tratta di passare in rassegna le anime sante – da cui farsi riverire ed applaudire – ma di andare alla ricerca di quelle perdute, con vera ansia missionaria. Il luogo del pastore è la strada. La sua attività più qualificante è la ricerca delle anime abbandonate o addirittura allontanate.

 

 

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