Domenica 9 febbraio 2025. Il Papa cita la Gaudium et Spes per indicare le basi etiche del mestiere di soldato
di Michele Brambilla
L’Angelus del 9 febbraio va letto in stretta continuità con l’omelia parzialmente pronunciata, pochi minuti prima, da Papa Francesco in piazza S. Pietro, durante la Messa per il Giubileo delle forze armate.
Nell’omelia il Papa ripete i verbi delle azioni compiute da Gesù nella pagina evangelica offerta dalla liturgia del giorno: vedere, salire, sedere. «Gesù vide, Gesù salì, Gesù sedette. Gesù non è preoccupato di mostrare un’immagine di sé alle folle, non è preoccupato di eseguire un compito, di seguire una tabella di marcia nella sua missione; al contrario, al primo posto mette sempre l’incontro con gli altri, la relazione, la preoccupazione per quelle fatiche e quei fallimenti che spesso appesantiscono il cuore e tolgono la speranza», dice infatti il Santo Padre.
Lo sguardo di Gesù è «uno sguardo attento che, pure in mezzo a tanta folla, lo rende capace di avvistare due barche accostate alla riva e di scorgere la delusione sul volto di quei pescatori, che ora stanno lavando le reti vuote dopo una notte andata male». Un poliziotto, un carabiniere deve certamente “avere occhio” per individuare immediatamente le situazioni di bisogno o pericolo, ma è una raccomandazione valida anche per i fedeli ordinari, spesso tentati dall’indifferenza. Inoltre «Gesù non si limita a osservare le cose che non vanno, come spesso facciamo noi finendo per chiuderci nel lamento e nell’amarezza; Egli invece prende l’iniziativa, va incontro a Simone, si ferma con lui in quel momento difficile e decide di salire sulla barca della sua vita», andando alle radici del problema.
Solo a quel punto Cristo sedette, ma per continuare ad intervenire con il suo insegnamento. «Avendo visto negli occhi e nel cuore di quei pescatori l’amarezza per una notte di fatica andata a vuoto, Gesù sale sulla barca per insegnare, cioè per annunciare la buona notizia, per portare la luce dentro quella notte di delusione»: Egli si rivela, così, la risposta non solo a quel momento contingente di difficoltà, ma a tutte le domande dell’uomo.
Il Pontefice ha parole di grande apprezzamento per le forze dell’ordine «perché, salendo sulle nostre barche in pericolo, ci offrite la vostra protezione e ci incoraggiate a continuare la nostra traversata. Ma vorrei anche esortarvi a non perdere di vista il fine del vostro servizio e delle vostre azioni: promuovere la vita, salvare la vita, difendere la vita sempre». Ci sono infatti aspetti dell’uso della forza che la Chiesa non può approvare: Francesco chiede di «vigilare contro la tentazione di coltivare uno spirito di guerra; vigilare per non essere sedotti dal mito della forza e dal rumore delle armi; vigilare per non essere mai contaminati dal veleno della propaganda dell’odio, che divide il mondo in amici da difendere e nemici da combattere. Siate invece testimoni coraggiosi dell’amore di Dio Padre, che ci vuole fratelli tutti». Lo ricorda anche ai cappellani militari, che non sono costituiti per «benedire perverse azioni di guerra. No. Essi sono in mezzo a voi come presenza di Cristo, che vuole accompagnarvi, offrirvi ascolto e vicinanza, incoraggiarvi a prendere il largo e sostenervi nella missione che portate avanti ogni giorno».
Nell’Angelus il Papa fa una citazione dal Concilio Vaticano II che può riassumere tutto il suo discorso: «“Coloro che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino anch’essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli” (Cost. past. Gaudium et spes, 79)». «Questo servizio armato», commenta il Santo Padre, «va esercitato solo per legittima difesa, mai per imporre il dominio su altre nazioni, sempre osservando le convenzioni internazionali in materia di conflitti (cfr ibid.) e, prima ancora, nel sacro rispetto della vita e del creato».