Mercoledì 12 febbraio 2025. L’Incarnazione principio di rinnovamento atque socialem
di Michele Brambilla
Anche il 12 febbraio, durante l’udienza generale, Papa Francesco si fa aiutare a leggere il discorso preparato, che si sofferma sulla nascita di Gesù. Di essa mette a fuoco che «il Figlio di Dio entra nella storia facendosi nostro compagno di viaggio e inizia a viaggiare quando è ancora nel grembo materno. L’evangelista Luca ci racconta che appena concepito andò da Nazaret fino alla casa di Zaccaria ed Elisabetta; e poi, a gravidanza ormai compiuta, da Nazaret a Betlemme per il censimento», insegnandoci a sentirci sempre in missione.
«Luca colloca la nascita di Gesù in “un tempo esattamente databile” e in “un ambiente geografico esattamente indicato”, così che “l’universale e il concreto si toccano a vicenda” (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, 2012, 77). Dio che viene nella storia non scardina le strutture del mondo, ma vuole illuminarle e ricrearle dal di dentro», diventando principio di un’umanità nuova. «Betlemme significa “casa del pane”. Lì si compiono per Maria i giorni del parto e lì nasce Gesù, pane disceso dal cielo per saziare la fame del mondo (cfr Gv 6,51)»: Dio non è solo incontrabile per strada, ma si fa addirittura consumare come cibo da coloro che credono in Lui, che divengono tabernacoli viventi in grado di trasformare, con l’aiuto della grazia divina, i propri ambienti di vita.
Il Signore viene nel mondo in una grotta e ha come primi interlocutori dei poveri pastori. «Il luogo dove andare per incontrare il Messia è una mangiatoia» e Cristo continua a rendersi attingibile quotidianamente nella Comunione eucaristica. Come ha scritto lo stesso Francesco, «sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione», non i ricchi e i potenti come Cesare Augusto, che si illudeva di dominare il mondo allora conosciuto. Sapremo riconoscere il Bambino come nostro autentico Re solo se conserveremo l’umiltà dei pastori di Betlemme.
«Fratelli e sorelle, chiediamo anche noi la grazia di essere, come i pastori, capaci di stupore e di lode dinanzi a Dio, e capaci di custodire ciò che Lui ci ha affidato: i talenti, i carismi, la nostra vocazione e le persone che ci mette accanto», che sono i luoghi in cui Dio ci si fa incontro ogni giorno e chiede, allo stesso tempo, di essere portato con la nostra testimonianza.
Il Papa pensa «a tanti Paesi che sono in guerra. Sorelle, fratelli, preghiamo per la pace. Facciamo di tutto per la pace. Non dimenticatevi che la guerra è una sconfitta. Sempre. Noi non siamo nati per uccidere, ma per far crescere i popoli» nella concordia fraterna. Il Pontefice elenca tutte le aree di conflitto, ma ci tiene a sottolineare che «dopo domani celebreremo la festa dei Santi Cirillo e Metodio primi diffusori della fede tra i popoli Slavi», tra i quali, come è noto, si annoverano anche russi e ucraini. L’intercessione dei patroni d’Europa «vi aiuti ad essere anche voi apostoli del Vangelo, fermento di rinnovamento nella vita, personale, familiare e sociale».