Cercatori di luce

Mercoledì 19 marzo 2025. Quello notturno tra Gesù e Nicodemo fu un confronto sincero e leale, infatti portò ad una vera conversione. Gli uomini, però, tante volte hanno paura di riconoscere Gesù

di Michele Brambilla

Pur ancora ricoverato al Gemelli, con il testo per l’udienza del 19 marzo Papa Francesco inizia un nuovo ciclo di catechesi, dedicate alla vita pubblica di Gesù. Mette a fuoco alcuni incontri significativi, che evidenziano in maniera magistrale «il modo in cui Gesù dona speranza. In effetti, ci sono incontri che illuminano la vita e portano speranza. Può accadere, per esempio, che qualcuno ci aiuti a vedere da una prospettiva diversa una difficoltà o un problema che stiamo vivendo; oppure può succedere che qualcuno ci regali semplicemente una parola che non ci fa sentire soli nel dolore che stiamo attraversando». 

Il primo incontro preso in esame dal Papa è quello tra Gesù e Nicodemo. «Nicodemo va da Gesù di notte: un orario insolito per un incontro. Nel linguaggio di Giovanni, i riferimenti temporali hanno spesso un valore simbolico: qui la notte è probabilmente quella che c’è nel cuore di Nicodemo. È un uomo che si trova nel buio dei dubbi, in quell’oscurità che viviamo quando non capiamo più quello che sta avvenendo nella nostra vita e non vediamo bene la strada da seguire», ma è da tempo incuriosito da Gesù, che accetta di riceverlo privatamente. Nel Vangelo di Giovanni il contrasto luce-tenebre c’è fin dai primi versetti: «“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Nicodemo cerca dunque Gesù perché ha intuito che Lui può illuminare il buio del suo cuore». 

«Tuttavia, il Vangelo ci racconta che Nicodemo non riesce a comprendere subito ciò che Gesù gli dice. E così vediamo che ci sono tanti fraintendimenti in questo dialogo, e anche tanta ironia», come avviene in un confronto reale tra persone “preparate” nel proprio campo. Nicodemo conosce molto bene la Torah, è membro del Sinedrio, «avverte il bisogno di cambiare, ma non sa da dove cominciare. In alcuni passaggi della vita questo succede a tutti noi. Se non accettiamo di cambiare, se ci chiudiamo nella nostra rigidità, nelle abitudini o nei nostri modi di pensare, rischiamo di morire. La vita sta nella capacità di cambiare per trovare un modo nuovo di amare. Gesù parla infatti a Nicodemo di una nuova nascita, che è non solo possibile, ma addirittura necessaria in alcuni momenti del nostro cammino»: una rinascita dall’Alto, ovvero accogliendo in noi la grazia dello Spirito Santo. 

Il Pontefice ricorda che «Nicodemo ce la farà: alla fine egli sarà tra coloro che vanno da Pilato per chiedere il corpo di Gesù (cfr Gv 19,39)! Nicodemo è finalmente venuto alla luce, è rinato, e non ha più bisogno di stare nella notte». «I cambiamenti a volte ci spaventano» e il Papa fa l’esempio degli antichi israeliti, che a causa del loro non volersi adeguare alla Legge vagarono per 40 anni nel deserto. Essi «si fissarono così tanto sulle loro preoccupazioni che a un certo punto quelle paure presero la forma di serpenti velenosi (cfr Nm 21,4-9). Per essere liberati, dovevano guardare il serpente di rame che Mosè aveva messo su un’asta, dovevano cioè alzare lo sguardo e stare davanti all’oggetto che rappresentava le loro paure». 

Come noto, il serpente di bronzo è prefigurazione della croce di Cristo, che ci salva in maniera indelebile e definitiva dalla morte eterna. «Solo guardando in faccia quello che ci fa paura, possiamo cominciare a essere liberati. Nicodemo, come tutti noi, potrà guardare il Crocifisso, Colui che ha sconfitto la morte», con occhi rinnovati dalla Speranza. 

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