Un conferenz sull’ “ermeneutica della discontinuità”
di Simone Ziviani
Si è tenuta nella serata di martedì 27 marzo, nel salone del Vescovado di Pontremoli, un incontro organizzato dalla locale sezione di Alleanza Cattolica e incentrato sul cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, che cadrà il prossimo ottobre. Patrizio Bertolini di AC ha introdotto i relatori, Monsignor Antonio Costantino Pietrocola, preside del liceo vescovile di Pontremoli, e don Giovanni Poggiali, sacerdote dell’Opus Mariae Matris Ecclesiae. “Il Papa” ha affermato Monsignor Pietrocola “nel discorso alla curia romana del dicembre 2005, tracciando un bilancio del Concilio a quarant’anni dalla chiusura, ha spiegato come vi siano due modalità diverse di interpretare il Vaticano II: la prima, corretta, è l’ermeneutica della continuità, e consiste nell’interpretare il Concilio come una riforma che si pone in continuità con la storia della Chiesa; l’altra, sbagliata, è l’ermeneutica della discontinuità, e afferma esattamente il contrario. Questi problemi di interpretazione, più che al Concilio e alle sue deliberazioni, sono dovute all’errata esegesi dei documenti prodotti dai Padri. Gli stessi cattolici spesso non li conoscono, e invece di leggerli si affidano a quanto riportato dai mass-media, sempre pronti a fare riferimento ad un fantomatico “spirito del concilio”, una volontà di modernismo a ogni costo che in realtà non era stato previsto e voluto dai protagonisti della grande assise. Comunque questa confusione non è una novità, ma è capitato spesso che dopo un concilio la Chiesa abbia vissuto una fase convulsa di assestamento. Se ne lamentava persino san Basilio dopo il concilio di Nicea del 325 d.C ! Di certo, il Vaticano II fu convocato dal legittimo Papa, e i vari documenti prodotti sono stati approvati dai 2500 vescovi presenti a Roma. Pensare che in questi documenti vi siano dei passi eretici, come fa qualcuno, è assurdo: ciò implicherebbe che il Concilio stesso sia stato eretico, cioè che lo Spirito Santo sia, per così dire, andato in vacanza, mancando di sostenere e assistere i pastori della Chiesa ”
“L’ermeneutica della discontinuità” ha proseguito don Poggiali “può a sua volta essere divisa in due categorie, opposte ma speculari. Da una parte stanno coloro che, nell’ importante discorso tenuto al clero di Belluno-Feltre e Treviso nel 2007, il Papa ha definito “progressisti sbagliati”, ossia quei teologi o quei semplici fedeli per i quali il Concilio ha (o avrebbe dovuto) rappresentare una cesura netta con la storia precedente della Chiesa, e aprire una fase nuova, che tagliasse i ponti con il passato, visto come un’esperienza sostanzialmente negativa. A questa corrente, che annovera il teologo svizzero Hans Küng tra i suoi esponenti di punta, si contrappongono i cosiddetti “anticonciliaristi”, convinti anch’essi che il Concilio abbia rappresentato una traumatica rottura col passato, ma che, proprio per questo, debba essere rifiutato. La figura più significativa di questo gruppo è stato il vescovo francese Marcel Lefebvre, fondatore della Fraternità San Pio X. Ma il panorama del mondo anticonciliare non si limita ai lefebvriani. Anche in Italia c’è chi mette in discussione la validità del Concilio, sostenendo, in modo anche molto ricercato, l’impossibilità di una riforma nella continuità. Ecco allora i riferimenti alla distinzione tra magistero ordinario e infallibile (il Concilio non ha prodotto documenti infallibili, quindi non si è tenuti a riconoscerlo ecc). Invece, come ha ricordato don Pietro Cantoni in un suo recente libro, intitolato proprio “Riforma nella continuità” e volto a dimostrare la piena legittimità del Vaticano II, già Pio IX avvertì, nel Sillabo, (un documento che in teoria dovrebbe essere caro ai tradizionalisti) come sia sbagliato affermare che i cattolici sono tenuti ad ubbidire al solo magistero infallibile. Per i progressisti sbagliati le regole della Chiesa e la verità stessa vanno cercate nella “volontà del popolo”, cioè nella moda del momento; per gli anticonciliaristi in un vago concetto di “tradizione”. Ma, di fatto, chi ci dice cos’è la “tradizione della Chiesa”? In realtà sbagliano entrambi: l’unica tradizione è quella di cui si fa interprete il magistero romano, guidato dal legittimo successore di Pietro, il quale in questo momento è Benedetto XVI”.
Fonte: Vita Apuana