Giovedì 30 marzo 2023. San Paolo, modello dell’evangelizzatore conquistato e trasformato dal Cristo vivente
di Michele Brambilla
Come spiega Papa Francesco introducendo l’udienza del 29 marzo, «nel cammino di catechesi sullo zelo apostolico, cominciamo oggi a guardare ad alcune figure che, in modi e tempi diversi, hanno dato testimonianza esemplare di che cosa vuol dire passione per il Vangelo. E il primo testimone è naturalmente l’Apostolo Paolo», nato Saulo di Tarso, cresciuto all’esigente scuola rabbinica di Gamaliele. Infatti «era un uomo zelante per la legge di Mosè per il giudaismo e dopo la conversione questo zelo continua ma per proclamare, per predicare Gesù Cristo». Il Signore valorizza il buono già esistente nell’antico persecutore, trasformandolo in apostolo infaticabile.
Il Papa decide di aprire una piccola parentesi sulle passioni umane. «San Tommaso d’Aquino insegna che la passione, dal punto di vista morale, non è né buona né cattiva: il suo uso virtuoso la rende moralmente buona, il peccato la rende cattiva», dice citando la Quaestio “De veritate” 24,7. «Nel caso di Paolo, ciò che lo ha cambiato non è una semplice idea o una convinzione: è stato l’incontro con il Signore risorto – non dimenticate questo, quello che cambia una vita è l’incontro con il Signore – è stato per Saulo l’incontro con il Signore risorto che ha trasformato tutto il suo essere». In un certo senso, «l’umanità di Paolo, la sua passione per Dio e la sua gloria non viene annientata, ma trasformata, “convertita” dallo Spirito Santo. L’unico che può cambiare i nostri cuori è lo Spirito Santo», insiste, perché «l’incontro con Gesù Cristo ti cambia da dentro, ti fa un’altra persona. Se uno è in Cristo è una nuova creatura, questo è il senso di essere una nuova creatura. Diventare cristiano non è un maquillage che ti cambia la faccia, no! Se tu sei cristiano ti cambia il cuore ma se tu sei cristiano di apparenza, questo non va… cristiani di maquillage non vanno. Il vero cambiamento è del cuore. E questo è successo a Paolo».
Fu così anche per un altro grande santo, «S. Ignazio di Loyola: “Non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e il gustare le cose internamente”», perché c’è sempre il rischio della superficialità. «Ognuno di noi pensi a questo: “Io sono un religioso?” – “Va bene” – “Io prego?” – “Sì” – “Io cerco di osservare i comandamenti?” – “Sì” – “Ma dov’è Gesù nella tua vita?” – “Ah, no io faccio le cose che comanda la Chiesa”. Ma Gesù dov’è? Hai incontrato Gesù, hai parlato con Gesù», chiede il Pontefice, criticando un approccio troppo precettistico alla dottrina cattolica.
Approfondendo questo aspetto, Francesco nota che «possiamo fare una ulteriore riflessione sul cambiamento che avviene in Paolo, il quale da persecutore diventò apostolo di Cristo. Notiamo che in lui si verifica una specie di paradosso: infatti, finché lui si ritiene giusto davanti a Dio, allora si sente autorizzato a perseguitare, ad arrestare, anche ad uccidere, come nel caso di Stefano; ma quando, illuminato dal Signore Risorto, scopre di essere stato “un bestemmiatore e un violento” (cfr 1 Tm 1,13), – così dice di sé stesso: “io sono stato un bestemmiatore e un violento” – allora incomincia a essere davvero capace di amare», avendo sperimentato la misericordia di Dio su di sé. Pertanto, «quando uno trova l’idea di Gesù rimane un ideologo del cristianesimo e questo non salva, soltanto Gesù ci salva, se tu lo hai incontrato e gli hai aperto la porta del tuo cuore. L’idea di Gesù non ti salva! Il Signore ci aiuti a trovare Gesù, a incontrare Gesù», ovvero il Cristo vivente.