Mercoledì 22 gennaio 2025. La vera speranza è Gesù: lo dice il suo stesso nome
di Michele Brambilla
Come annuncia Papa Francesco ai fedeli presenti all’udienza del 22 gennaio, «riprendiamo oggi le catechesi del ciclo giubilare su Gesù Cristo nostra speranza» osservando che «all’inizio del suo Vangelo, Luca mostra gli effetti della potenza trasformante della Parola di Dio che giunge non solo tra gli atrii del Tempio, ma anche nella povera abitazione di una giovane, Maria, che, promessa sposa di Giuseppe, vive ancora in famiglia» in un villaggio, Nazareth, prima di allora sconosciuto e situato in un territorio, la Galilea, allora “di passaggio” tra la cultura ebraica e quella pagana.
«Proprio lì l’angelo reca un messaggio dalla forma e dal contenuto del tutto inauditi, tanto che il cuore di Maria ne viene scosso, turbato. Al posto del classico saluto “pace a te”, Gabriele si rivolge alla Vergine con l’invito “rallegrati!”, “gioisci!”, un appello caro alla storia sacra, perché i profeti lo usano quando annunciano la venuta del Messia», che infatti prende carne nel suo utero. Il Papa sottolinea anche l’espressione kecharitoméne, cioè «riempita dalla grazia divina», che dice «quanto la grazia di Dio abbia compiuto in lei una cesellatura interiore facendone il suo capolavoro».
«La Parola che viene dall’Alto chiama Maria ad essere la madre del Messia, quel Messia davidico tanto atteso. È la madre del Messia», il cui nome «sarà “Gesù”, che significa “Dio salva” (cfr Lc 1,31; Mt 1,21), ricordando a tutti e per sempre che non è l’uomo a salvare, ma solo Dio» tramite il Figlio unigenito. Questo fa sì che la stessa Maria non cerchi Dio “fuori”, ma dentro di sé, perché, come scrive sant’Agostino d’Ippona, «in interiore homine habitat veritas» (De vera religione 39,72).
Dio parla ad ogni uomo nell’intimità della sua coscienza, ma nel caso della Madonna la citazione agostiniana va presa alla lettera, dato che porta nel mondo la Verità in persona. «E Maria si accende di fiducia: è “una lampada a molte luci”, come dice Teofane nel suo Canone dell’Annunciazione. Si abbandona, obbedisce, fa spazio: è “una camera nuziale fatta da Dio” (ibid.). Maria accoglie il Verbo nella propria carne e si lancia così nella missione più grande che sia stata mai affidata a una donna, a una creatura umana», evidenzia ancora una volta il Pontefice.
Il Papa sprona tutti i fedeli a seguire l’esempio di Maria, «a lasciarci aprire l’orecchio dalla divina Parola e ad accoglierla e custodirla, perché trasformi i nostri cuori in tabernacoli della sua presenza, in case ospitali dove accrescere la speranza».
La Grazia, infatti, viene sempre dall’alto. Proprio per questo, nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ricordiamoci che «questa unità non è il frutto dei nostri sforzi, ma un dono che dobbiamo chiedere al Padre, perché il mondo creda nel suo Figlio unigenito, Cristo Salvatore», come dice il Santo Padre ai pellegrini di lingua tedesca. L’unità è già una cosa di fatto dove i cristiani sono perseguitati: Francesco cita il caso, a lui molto caro, della parrocchia cattolica di Gaza, con la quale si tiene quotidianamente in contatto. «Lì dentro ci sono 600 persone, tra parrocchia e collegio. E mi hanno detto: “Oggi abbiamo mangiato lenticchie con pollo”», come non accadeva da tempo. Un segno di speranza che il Papa invita a cogliere per dire di “no” a qualsiasi guerra, che «sempre è una sconfitta».
Ai pellegrini polacchi raccomanda particolarmente gli anziani ucraini, nei giorni in cui in Polonia è tradizione festeggiare i nonni.