In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. (Mc 12, 28b-34)
“Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio. Il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore Dio tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”.
Questo testo è considerato il “credo” del popolo ebraico. Si chiama Shema, dalla parola con cui comincia in ebraico. E’ difficile sopraddire l’importanza di queste parole. Sono il fondamento del monoteismo giudaico e cristiano. Ogni pio ebreo la recitava tre volte al giorno, volgendosi verso il tempio di Gerusalemme. Una pratica che anche Gesù e i suoi apostoli seguirono fedelmente. Sono le parole contenute nei così detti filatteri, o frange, che gli ebrei ortodossi portano anche oggi legati al braccio o in un piccolo astuccio, chiamato Mezuzah, che portano in fronte e appendono sulla porta di casa. Molti ebrei ad Auschwitz andavano a morire con queste parole sulle labbra: Shemà, Israel. In un manoscritto ritrovato nel 1952 presso uno dei forni crematori è descritto un episodio drammatico. Un rabbino proveniente dalla Francia, Moshe Friedman, prima di andare alla morte si avvicinò ad un alto funzionario nazista e presolo per il bavero, “con voce leonina”, gli annunciò il castigo divino per tutto quello che facevano al suo popolo; quindi si mise il cappello in testa e “con infinito ardore” si mise a proclamare “Shema Israel!”. Tutti gli altri ebrei lo seguirono gridando a loro volta Shema Israel e – scrive il testimone della scena – uno straordinario senso del soprannaturale si impadronì di tutti i presenti.
La domanda dello scriba e la risposta di Gesù vanno capite in relazione alla situazione che si era creata in Israele, dove una corrente culturale aveva moltiplicato i comandamenti e i precetti fino a dare norme per tutti i dettagli della vita, con seicentotredici comandamenti. Un’altra tendenza voleva superare questa congerie di norme, per riscoprire l’anima dei comandamenti.
Ci sono delle cose nella vita che sono importanti, ma non urgenti – inteso nel senso che se non le esegui subito non vi sono conseguenze apparenti macroscopiche. D’altra parte vi sono cose urgenti ma non importanti. Il grosso rischio è rincorrere tutto il giorno le cose urgenti, perdendo di vista quelle importanti, cioè perdendo i due comandamenti che servono per la vita eterna: “Amare Dio e il prossimo”. In realtà, amare Dio è un Suo dono, un privilegio. Prenderne coscienza, libera il ringraziamento al Signore, perché ci comanda di amarlo. Esso è l’unico amore che non darà mai delusione, ed è in grado di soddisfare appieno il bisogno infinito d’amore che c’è nel cuore umano. Porre questo tesoro al sicuro, significa che la domenica posso rimandare tutto, se è indispensabile, per dedicare del tempo al Salvatore, alla nostra anima, ascoltando la parola di Dio e partecipando alla Santa Messa. Nel pomeriggio domenicale non scegliamo obbligatoriamente lo stadio….