Faremo miracoli

Domenica 4 agosto. Se ognuno metterà in gioco i talenti che ha, anche con poco faremo contenti i nostri fratelli. Parlando della guerra in Terra Santa, il Papa condanna anche l’eliminazione mirata dei terroristi. Per il Venezuela chiede alle parti di tornare al dialogo

di Michele Brambilla

Papa Francesco, nell’Angelus del 4 agosto, sosta sull’esegesi che lo stesso Signore fornisce del miracolo dei pani e dei pesci in Gv 6,24-35). I discepoli «avevano mangiato quel cibo condiviso e avevano potuto vedere come, pur con poche risorse, con la generosità e il coraggio di un ragazzo, che aveva messo a disposizione degli altri ciò che aveva, tutti si erano sfamati a sazietà (cfr Gv 6,1-13). Il segno era chiaro: se ciascuno dona agli altri ciò che ha, con l’aiuto di Dio, anche con poco tutti possono avere qualcosa», sottolinea il Papa.

Ma i discepoli e gli ascoltatori «hanno scambiato Gesù per una specie di prestigiatore, e sono tornati a cercarlo, sperando che ripetesse il prodigio come se fosse una magia»: i loro occhi si sono concentrati solo sul beneficio materiale. «Sono stati protagonisti di un’esperienza per il loro cammino, ma non ne hanno colto la portata: la loro attenzione si è concentrata solo sui pani e sui pesci, sul cibo materiale, che è finito subito. Non si sono accorti che quello era solo uno strumento, attraverso cui il Padre, mentre saziava la loro fame, rivelava loro qualcosa di molto più importante. E cosa rivelava il Padre? La via della vita che dura per sempre e il gusto del pane che sazia oltre ogni misura. Il vero pane», che è lo stesso Gesù, Pane spezzato per tutta l’umanità. 

Il Pontefice ripete che «le cose materiali non riempiono la vita, ci aiutano ad andare avanti e sono importanti, ma non riempiono la vita: solo l’amore lo può fare (cfr Gv 6,35). E perché ciò accada la strada da imboccare è quella della carità che non tiene nulla per sé, ma condivide tutto». Il Papa fa l’esempio dei lasciti testamentari. «Pensiamo a quei genitori che faticano tutta la vita per crescere bene i figli e lasciare loro qualcosa per il futuro. Che bello quando questo messaggio è compreso, e i figli sono grati e a loro volta diventano solidali tra loro come fratelli», mentre «è triste, invece, quando litigano per l’eredità – ho visto tanti casi, è triste –, e sono in lotta l’uno contro l’altro, e magari non si parlano per i soldi, non si parlano per anni! Il messaggio del papà e della mamma, il loro lascito più prezioso, non sono i soldi: è l’amore», rimarca ancora una volta il Santo Padre.

Nei saluti Francesco ricorda che «venerdì scorso a Bkerke, in Libano, è stato beatificato il Patriarca Stefano Douayhy, che guidò con saggezza la Chiesa Maronita dal 1670 al 1704, in un’epoca difficile segnata anche da persecuzioni. Maestro di fede e pastore sollecito, fu testimone di speranza sempre accanto alla gente». «Anche oggi il popolo libanese soffre tanto! In particolare, penso alle famiglie delle vittime dell’esplosione del Porto di Beirut», accaduta esattamente 4 anni fa, ma per il Libano sono ancora giorni molto tristi. Infatti «seguo con grandissima preoccupazione quanto sta accadendo in Medio Oriente, e auspico che il conflitto, già terribilmente sanguinoso e violento, non si estenda ancora di più. Prego per tutte le vittime, in particolare per i bambini innocenti, ed esprimo vicinanza alla comunità drusa in Terra Santa e alle popolazioni in Palestina, Israele, e Libano».

«Si abbia il coraggio di riprendere il dialogo perché cessi subito il fuoco a Gaza e su tutti i fronti, si liberino gli ostaggi, si soccorrano le popolazioni con gli aiuti umanitari. Gli attacchi, anche quelli mirati, e le uccisioni non possono mai essere una soluzione. Non aiutano a percorrere il cammino della giustizia, il cammino della pace, ma generano ancora più odio e vendetta», aggiunge il Santo Padre. 

Qualche parola anche sul Venezuela, «che sta vivendo una situazione critica. Rivolgo un accorato appello a tutte le parti a cercare la verità, ad esercitare moderazione, ad evitare ogni tipo di violenza, a comporre i contenziosi con il dialogo, ad avere a cuore il vero bene della popolazione e non interessi di parte. Affidiamo questo Paese all’intercessione di Nostra Signora di Coromoto, tanto amata e venerata dai venezuelani, e alla preghiera del Beato Josè Gregorio Hernandez, la cui figura tutti accomuna» al di là dello schieramento politico. 

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