Fate figli come un gendarme pontificio

Domenica 6 ottobre 2024. Il Papa elogia, parlando della radicalità del progetto di Dio sulla famiglia e la vita umane, un membro della Gendarmeria pontificia che ha 8 figli, sollecitando tutti i coniugi cattolici a non temere la chiamata a trasmettere la vita. Ha parole molto importanti anche sulla Terra Santa e preannuncia un concistoro in rubro per l’Immacolata

di Michele Brambilla

Papa Francesco, all’inizio dell’Angelus del 6 ottobre, mette subito in chiaro che «oggi nel Vangelo della liturgia (cfr Mc 10,2-16) Gesù ci parla dell’amore coniugale. Come già altre volte, alcuni farisei gli fanno una domanda provocatoria su un tema controverso: il ripudio della moglie da parte del marito. Vorrebbero trascinarlo in una polemica, ma Lui non ci sta, anzi coglie l’occasione per richiamare la loro attenzione su un discorso più importante: il valore dell’amore tra uomo e donna». 

L’amore coniugale è stato creato indissolubile, «e perché ciò avvenga» Gesù «sottolinea la necessità che il loro dono reciproco sia pieno, coinvolgente, senza “mezze misure” – questo è l’amore –, che sia l’inizio di una vita nuova (cfr Mc 10,7; Gen 2,24), destinata a durare non “fino a quando mi va”, ma per sempre, accogliendosi reciprocamente e vivendo uniti come “una carne sola” (cfr Mc 10,8; Gen 2,24)».

Si è una carne sola nella reciprocità degli affetti, che non vuol dire assenza di conflitti, ma, ricorda il Pontefice con espressioni a lui care, donazione profonda e inesauribile capacità di perdono. L’una caro evangelico entra però in gioco soprattutto quando prende le forme di una nuova vita nascente. Infatti «non dimentichiamo, poi, che per gli sposi è essenziale essere aperti al dono della vita, al dono dei figli, che sono il frutto più bello dell’amore, la benedizione più grande di Dio, fonte di gioia e di speranza per ogni casa e tutta la società. Fate figli», chiede accoratamente il Papa, che subito dopo confida che «ieri ho avuto una grande consolazione. Era il giorno della Gendarmeria, ed è venuto un gendarme con i suoi otto figli! Era bellissimo vederlo».

Nella parte dei saluti il Santo Padre non dimentica che «domani sarà passato un anno dall’attacco terroristico contro la popolazione in Israele, alla quale rinnovo la mia vicinanza. Non dimentichiamo che ancora ci sono molti ostaggi a Gaza, per i quali chiedo l’immediata liberazione. Da quel giorno il Medio Oriente è precipitato in una sofferenza sempre più grave, con azioni militari distruttive che continuano a colpire la popolazione palestinese». Francesco guarda con dolore all’estendersi del conflitto in Libano, che aggiunge alle sue preghiere, ma i moniti non sono solo per Israele. Tenendo ancora una volta conto di tutte le componenti etnico-religiose in gioco, il Pontefice chiede che tutta la comunità internazionale «metta fine alla spirale della vendetta e non si ripetano più gli attacchi, come quello compiuto dall’Iran qualche giorno fa, che possono far precipitare quella Regione in una guerra ancora più grande. Tutte le Nazioni hanno il diritto di esistere in pace e sicurezza, e i loro territori non devono essere attaccati o invasi, la sovranità dev’essere rispettata e garantita dal dialogo e dalla pace, non dall’odio e dalla guerra». Il Papa rinnova l’invito ad unirsi a lui nella preghiera pomeridiana a S. Maria Maggiore e nel digiunare per la pace il 7 ottobre, come richiesto dal patriarca latino di Gerusalemme.

Alla tanta “carne al fuoco” si aggiunge l’annuncio di un nuovo concistoro in rubro per la nomina di nuovi cardinali. Il Santo Padre osserva che «la loro provenienza esprime l’universalità della Chiesa che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della terra. L’inserimento dei nuovi Cardinali nella Diocesi di Roma, inoltre, manifesta l’inscindibile legame tra la Sede di Pietro e le Chiese particolari diffuse nel mondo». Leggendo la lista dei nuovi porporati, che riceveranno il galero l’8 dicembre, si scorgono anzitutto la nomina del nuovo Vicarius Urbis, Baldassarre Reina, e il ritorno di Torino al cardinalato con mons. Roberto Repole. Gli altri due italiani sono mons. Angelo Acerbi, nunzio apostolico, e padre Fabio Baggio, «Sotto Segretario Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale». Tra i non italiani spiccano il nuovo primate dell’Argentina, mons. Vicente Bokalic Iglic, arcivescovo di Santiago del Estero, gli arcivescovi di Lima, Santiago del Cile, Porto Alegre, Tokyo, Toronto, Abidjan (Costa d’Avorio), Algeri, ma anche mons. Paskalis Bruno Syukur, vescovo di Bogor (Indonesia), appena incontrato nel corso del viaggio apostolico in Oriente. Per non parlare del teologo domenicano mons. Timothy Radcliffe, coinvolto nelle predicazioni al Sinodo sulla sinodalità. Lo stesso organizzatore dei viaggi papali, mons. George Jacob Koovakad, è insignito della porpora. Cardinale anche l’eparca per gli ucraini greco-cattolici residenti a Melbourne. Ma a spiccare davvero su tutti, data la particolare situazione internazionale, è l’arcivescovo di Teheran, mons. Dominique Joseph Mathieu, frate francescano conventuale. 

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