Giovedì 26 dicembre 2024

Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato (Mt 10, 17-22). 


Troviamo queste parole di Gesù all’interno del suo discorso apostolico (Mt 10,1-42) con cui innanzitutto chiama i dodici discepoli e li invia per una missione, ancora limitata alle pecore perdute della casa d’Israele, conferendo loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di predicare che il regno di Dio è vicino. Ad essi affida anche il potere di risuscitare i morti e il compito di guarire gratuitamente ogni sorta di malattia e d’infermità nel popolo. Gesù istruisce questi suoi discepoli anche con l’indicazione di alcune importanti e semplici modalità di comportamento cui attenersi nell’opera missionaria.  Innanzitutto, per l’annuncio del suo regno di pace, devono partire da qualche persona che già in certo modo lo attende, senza poi farsi condizionare da chi colpevolmente non li accoglierà e non li ascolterà. Perciò devono sempre parlare apertamente e senza timore, ben sapendo che la sua parola di verità suscita accoglienza e adesione da parte dei piccoli e dei semplici, leali e aperti, ma provoca opposizione anche da parte di persone familiari indisposte. 

Di questo contrasto, sappiamo che è stato fatto segno anche il diacono Santo Stefano nei primissimi tempi della chiesa apostolica.  Molto opportunamente e significativamente ricordiamo oggi, dopo il Natale del Signore, questo santo protomartire ucciso nel 36 dopo Cristo nel corso di quei tre anni, successivi alla deposizione di Ponzio Pilato, durante i quali i capi del popolo ebraico avevano ripristinato la lapidazione per i condannati a morte al posto della crocifissione praticata dai romani.

Il diacono Stefano, trascinato fuori dalla città, fu sepolto sotto un mucchio di pietre dai capi del popolo perché aveva testimoniato apertamente la sua fede nel Verbo Incarnato mostrando, Bibbia alla mano, come tutta la storia del popolo eletto era pervasa dall’attesa del Salvatore Gesù mandato da Dio (Atti degli Apostoli 7). E, in buona apologetica, li aveva messi anche davanti alle loro gravi colpe circa il trattamento riservato a tutti i profeti, come prima Gesù aveva fatto (cfr. Mt 23,33-36), essendo gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, che sempre oppone resistenza allo Spirito Santo come già i loro padri (cfr. Atti degli Apostoli 7,51-53).

Il diacono Stefano muore da Santo e vive per sempre poiché compie il sacrificio dell’amore unito in preghiera al Crocifisso: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore, non imputare loro questo peccato” (ibidem 59-60). Ha vissuto da cristiano il Natale di Gesù che sin da Bambino pensa a morire per me, per te, per tutti.

 

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