Giovedì 26 ottobre 2023

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». (Lc 12,49-53)
Nella Sacra Scrittura il fuoco simbolizza la presenza divina, come nell’episodio del roveto ardente (cfr. Es 3, 14) simbolizza anche, spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica, “l’energia trasformante degli atti dello Spirito Santo”. Grazie al suo sacrificio sulla Croce, Gesù stava per inviare nel mondo questa energia, questo fuoco. Però, come chiarisce sant’Ambrogio, naturalmente non si tratta di un fuoco che distrugge, ma quello che genera una volontà ben disposta […]. Questo fuoco è quello che divora le ossa dei profeti, come dichiara Geremia: “Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa” (Ger 20, 9); […] quello stesso che, secondo la testimonianza dei discepoli di Emmaus, appiccò lo stesso Signore nei loro cuori: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”(Lc 24, 32). Possiamo domandarci se abitualmente abbiamo questo coraggio e questa disponibilità dei santi per favorire l’azione divina in noi; se il nostro dialogo quotidiano con Dio fa ardere il nostro cuore come quello dei discepoli di Emmaus; se permettiamo allo Spirito Santo di spingerci ad annunciarlo agli altri, pieni di gioia e con lo stesso zelo apostolico. Lo Spirito Santo è fuoco, fuoco interiore. Il fuoco illumina e riscalda, come la spirito Santo illumina e riscalda il cuore con la sua consolazione. Non è cosa che riguarda solo le anime dei grandi mistici. Ognuno di noi ha la luce della coscienza che gli insegna con chiarezza e insistenza come agire, e la vita rafforza questa luce. Gesù è la nostra pace, è la nostra riconciliazione! Ma questa pace non è la pace dei sepolcri, non è neutralità, Gesù non porta neutralità, questa pace non è un compromesso a tutti i costi. Seguire Gesù comporta rinunciare al male, all’egoismo e scegliere il bene, la verità, la giustizia, anche quando ciò richiede sacrificio e rinuncia ai propri interessi. E questo sì, divide; lo sappiamo, divide anche i legami più stretti. Ma non è Gesù che divide! Lui pone il criterio: vivere per se stessi o vivere per Dio e per gli altri; farsi servire o servire; obbedire al proprio io o obbedire a Dio. In tal senso Gesù è «segno di contraddizione» (Lc 2,34)”.   

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