In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi (Matteo 7,21-29).
Diamo due strade all’uomo, e sceglierà la più facile. Al popolo ebraico, nei primi libri della Bibbia, viene raccomandato di vivere custodendo le parole di Dio «nel cuore e nell’anima», ovvero di tradurle in azioni, di farne la norma per la condotta, il criterio delle scelte, l’orientamento per il proprio cammino.
Gli ebrei più osservanti avevano inventato i filatteri, ancora oggi in uso, astucci di cuoio o pergamena, contenenti alcuni minuscoli rotoli su cui sono scritti testi della Legge, da fissare con cordicelle alla fronte e da arrotolare al braccio. Nulla di male. Gesù non li criticava, purché fossero il segno di una realtà più profonda. Il problema è potevano diventare un segno esteriore, tanto per apparire persone dabbene, quando poi la vita privata era colma di scelte che diremmo borghesi, per interesse economico, di posizione sociale e quant’altro.
La religiosità ostentata esteriormente può non essere di per sé peccaminosa, ma può non corrispondere alla volontà di Dio. Da qui è molto frequente l’assenza di una vera vita di preghiera e quindi il compromesso con il peccato. E siamo al classico perbenismo borghese che provocò la grande protesta giovanile della seconda metà del XX secolo. Quei giovani non vedevano la pace misteriosa e seducente che lo Spirito Santo dà quando siamo sinceramente alla ricerca della piena volontà di Dio. Quando ci si affida alle forme, alle parole, alle cerimonie, alle tradizioni, ci si tutela contro il rischio di dover dar conto di ciò che abbiamo dentro.
Le maschere religiose che indossiamo servono precisamente a questo: evitare il disagio di arrossire. Neanche compiere opere grandiose ci pone al centro del Vangelo. San Paolo è molto esplicito: «Se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova» (1 Cor 13,3). Unica garanzia di salvezza è la carità. Essa si realizza nella volontà di Dio. Non è sempre facile trovarla e richiede un continuo stato di ricerca e di ascolto del cuore, per cui ci sforziamo sempre di leggere i segni del divino volere, confrontandoci con la legge di Dio, coltiviamo con docilità la Bibbia, il Catechismo della Chiesa cattolica e il Magistero pontificio, per saper riflettere su ciò che provvidenzialmente accade nella nostra vita.