Giovedì 30 maggio 2024

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada (Marco 10,46-52).


In questa pagina evangelica leggiamo l’ultima guarigione miracolosa narrata da Marco e operata da Gesù in cammino sulla strada verso Gerusalemme, ove realizzerà la sua passione, morte e risurrezione. L’evangelista riferisce il nome di uno dei due ciechi (cfr. Mt 20,29) che sedevano a chiedere l’elemosina lungo la via sulla quale passava Gesù, del quale già tutti parlavano. Bartimeo, figlio di Timeo, evidentemente è più conosciuto fra i primi cristiani che, nel recupero della vista dei due ciechi, riconoscevano il significato materiale e simbolico del miracolo operato da Gesù. 

Ancora una volta quest’altro prodigio compiuto dal Maestro di Nazareth dimostra l’arrivo dei tempi del Messia, che apre gli occhi ai ciechi e annuncia la buona novella ai poveri (cfr. Is 35,5; Mt 11,5). Il figlio di Timeo è uno di loro. Lo riconosce immediatamente appena ne sente parlare. Nonostante le inopportune cautele di quanti sono già con Gesù, egli manifesta con forza la sua fiducia in lui e gli chiede pietà e misericordia. Non resta deluso, anzi Gesù si compiace per la sua fede e lo rende libero di andare, ma egli ora finalmente riesce a vedere, perciò decide liberamente di seguirlo lungo la strada della passione, sulla quale Gesù è diretto. 

Nell’esperienza di fede di questo cieco, che non si lascia bloccare dalle lentezze inutilmente strategiche dei discepoli, ancora un po’ rozzi nella fede, noi cristiani di oggi possiamo trovare la lezione e l’incoraggiamento a chiedere la grazia di una fede più viva nel Signore, attraverso la cura attenta e amorevole della nostra riforma di vita a tutto campo. Eventuali ingombranti pesantezze dei nostri fratelli e sorelle nella fede non ci faranno deflettere, anzi diventeranno l’occasione provvidenziale per impegnarci tutti a confermarci nella sequela umile e generosa della via sempre nuova ed entusiasmante percorsa da Gesù. Su questa strada non mancherà la luce della dottrina cattolica, offerta dal Magistero della Chiesa in rapporto alle sfide del nostro tempo. 

Troveremo certamente, come sempre, anche la forza dell’amore materno di Maria, Madre di Dio e della Chiesa, e così continuerà il nostro cammino – pur insidiato dalle mine della malattia della rivoluzione in interiore homine, cioè dalle varie forme di corruzione intellettuale e morale dilaganti – in preparazione al trionfo del Cuore Immacolato di Maria. E possiamo anche vedere e capire che già tutta la Chiesa, divinamente guidata, è consapevolmente impegnata a rendere la sua bella testimonianza perché il mondo veda e creda, come insegnava già il Concilio Vaticano II (1962-1965) e oggi spiega e ripetutamente esorta Papa Francesco. «L’uomo infatti riceve da Dio Creatore le doti di intelligenza e di libertà ed è costituito nella società; ma soprattutto è chiamato alla comunione con Dio stesso in qualità di figlio e a partecipare alla sua stessa felicità. Inoltre la Chiesa insegna che la speranza escatologica non diminuisce l’importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno dell’attuazione di essi. […] La Chiesa infatti ha il compito di rendere presenti e quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato, rinnovando se stessa e purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito Santo. Ciò si otterrà anzi tutto con la testimonianza di una fede viva e adulta, vale a dire opportunamente formata a riconoscere in maniera lucida le difficoltà e capace di superarle» (Costituzione pastorale Gaudium et spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, del 7 dicembre 1965, n. 21).

 

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