Mercoledì 3 gennaio 2023. Nel Battesimo siamo unti “lottatori” contro il male
di Michele Brambilla
Il 3 gennaio Papa Francesco inizia l’udienza ricordando che «la scorsa settimana ci siamo introdotti nel tema dei vizi e delle virtù. Esso richiama alla lotta spirituale del cristiano. Infatti, la vita spirituale del cristiano non è pacifica, lineare e priva di sfide; al contrario, la vita cristiana esige un continuo combattimento» per conservare la fede stessa e i doni della grazia divina.
«Non a caso», evidenzia il Santo Padre, «la prima unzione che ogni cristiano riceve nel sacramento del Battesimo – l’unzione catecumenale – è senza alcun profumo e annuncia simbolicamente che la vita è una lotta. Infatti, nell’antichità, i lottatori, prima della gara, venivano completamente unti, sia per tonificare i muscoli, sia per rendere il corpo sfuggente alla presa dell’avversario. L’unzione dei catecumeni mette subito in chiaro che al cristiano non è risparmiata la lotta, che un cristiano deve lottare: anche la sua esistenza, come quella di tutti, dovrà scendere nell’arena, perché la vita è un avvicendarsi di prove e di tentazioni».
«Un celebre detto attribuito ad Abba Antonio, il primo grande padre del monachesimo, recita così: “Togli le tentazioni e nessuno sarà salvato”»: frase paradossale (del tipo “felix culpa”) che rimanda alla necessità del “merito” per entrare in Paradiso. Senza “momenti bui” non avremmo alcun stimolo al progresso spirituale. «I santi», infatti, «non sono uomini a cui è stata risparmiata la tentazione, bensì persone ben coscienti del fatto che nella vita si affacciano ripetutamente le seduzioni del male, da smascherare e da respingere. Tutti noi abbiamo esperienza di questo, tutti noi: che ti viene un cattivo pensiero, che ti viene un desiderio di fare questo o di sparlare dell’altro… Tutti, tutti siamo tentati, e dobbiamo lottare per non cadere in queste tentazioni».
Purtroppo, «ci sono tante persone che si autoassolvono, che reputano di essere “a posto” – “No, io sono bravo, sono brava, io non ho questi problemi”. Ma nessuno di noi è a posto; se qualcuno si sente a posto, sta sognando; ognuno di noi ha tante cose da aggiustare, e ha pure da vigilare». Talvolta i penitenti arrivano al confessionale, denuncia il Pontefice, senza ricordarsi peccati specifici e coltivando l’illusione di non averne moltissimi, «ma questo è mancanza di conoscenza di ciò che succede nel cuore. Tutti siamo peccatori, tutti. E un po’ di esame di coscienza, un po’ di sguardo interiore ci farà bene. Altrimenti rischiamo di vivere nelle tenebre, perché ormai ci siamo assuefatti al buio e non sappiamo più distinguere il bene dal male. Isacco di Ninive diceva che nella Chiesa chi conosce i propri peccati e li piange è più grande di chi risuscita un morto».
Solo una persona, nella storia, si è potuta avvicinare ad un rito penitenziale (tale era il battesimo impartito da san Giovanni Battista) con la coscienza davvero pura: Gesù. Il Figlio di Dio non aveva bisogno della remissione di alcun peccato e «anche il Battista è scandalizzato, al punto che il testo dice: “Giovanni voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”” (Mt 3,15). Ma Gesù è un Messia molto diverso da come Giovanni lo aveva presentato e la gente lo immaginava: Egli non incarna il Dio adirato e non convoca per il giudizio, ma, al contrario, si mette in coda con i peccatori. Come mai? Sì, Gesù ci accompagna, tutti noi peccatori. Lui non è peccatore, ma è fra noi. E questa è una cosa bella. “Padre, ho tanti peccati!” – “Ma Gesù è con te: parlane, Lui ti aiuterà a uscirne”. Gesù mai ci lascia da soli, mai», ribadisce Francesco. Anche nell’episodio delle tentazioni nel deserto, «Gesù si mostra solidale con la nostra fragile natura umana e diventa il nostro grande exemplum: le tentazioni che attraversa e che vince tra le pietre aride del deserto sono la prima istruzione che consegna alla nostra vita di discepoli».
«Ricordiamoci che siamo sempre combattuti tra estremi opposti: la superbia sfida l’umiltà; l’odio contrasta la carità; la tristezza osteggia la vera gioia dello Spirito; l’indurimento del cuore respinge la misericordia. I cristiani camminano di continuo su questi crinali. Perciò è importante riflettere sui vizi e sulle virtù», dato che «ci aiuta a vincere la cultura nichilista in cui i contorni tra il bene e il male rimangono sfumati e, al contempo, ci ricorda che l’essere umano, a differenza di ogni altra creatura, può sempre trascendere sé stesso, aprendosi a Dio e camminando verso la santità».
Nei saluti in lingua inglese il Santo Padre porge la sua «vicinanza spirituale a quanti sono stati colpiti dal recente terremoto in Giappone, come pure alle vittime della collisione di due aerei avvenuta ieri all’aeroporto di Tokyo».