Lunedì 8 agosto 2022
Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà”. Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: “Il vostro maestro non paga la tassa?”. Rispose: “Sì”. Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: “Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?”. Rispose: “Dagli estranei”. E Gesù replicò: “Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te”. (Mt 17, 22-27)
A nessuno piace pagare le tasse, soprattutto se il loro utilizzo è troppo lontano e incomprensibile da colui che le paga, cioè se la società non è sussidiaria, secondo un principio cardine della teologia morale sociale. Ma il sistema fiscale è inevitabile. Anche nella società cristiana vi sono dei doveri gli uni verso gli altri. Se questa società è fondata su principi che non contraddicono il vangelo, essa è sana e le singole persone hanno un senso di appartenenza forte. Il cristianesimo basato sull’amore trinitario, rafforza questo sentimento di coesione. Nelle sue “Regole Maggiori” (n.7), San Basilio esprime brevemente, ma con chiarezza, il carattere sociale della perfezione cristiana. L’uomo non è un essere solitario, ma sociale, e ha bisogno degli altri per vivere. Ne ha bisogno nel corpo, nell’anima e nello spirito, e non solo per ricevere, ma anche per dare.
L’isolamento atrofizza, e se uno si chiude in sé stesso finisce per distruggersi, perché le qualità che ha ricevuto da Dio, non messe in pratica, non possono dare frutti. Per un cristiano dunque dare è un dovere, è vita. I contributi che diamo allo stato sono prevalentemente finanziari; quelli cristiani, invece, sono molto più larghi. Non solo il denaro unisce la società, ma soprattutto la coerenza e un “buon spirito”. Fa buona opera sociale chi sa consolare il prossimo e rallegrarlo quando l’atmosfera è triste. Ma il buon spirito si sviluppa lentamente, cresce con i piccoli gesti quotidiani, i piccoli pensieri, le gentilezze. Così come ci vuole tempo per avere un bel giardino, ci vuole tempo anche per una buona convivenza; solo uno sforzo continuo può creare e conservare la buona disposizione verso il prossimo, che di per sé è già un grande dono. Le virtù sociali sono molto importanti per i cristiani, sia che vivano in una comunità religiosa che nel mondo. Esse irradiano la luce di Cristo. (cfr T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno)