Domenica 30 ottobre 2022 – XXXI domenica del Tempo ordinario
Sap 11, 22-12, 2; Sal 144; 2Ts 1, 11 – 2,2; Lc 19, 1-10
La conversione di Zaccheo è uno degli episodi più commoventi del Vangelo. Leggendo questo brano, pieno di luce e di divina compassione, il cuore si apre alla speranza e alla fiducia, perché tutti noi siamo come Zaccheo, persone lontane da Dio e bisognose del suo sguardo di misericordia. I pubblicani allora erano ritenuti una categoria particolarmente odiosa di peccatori, per questo erano evitati, emarginati e odiati. Ma per Gesù non vi sono peccatori irrecuperabili. La misericordia di Dio è universale quanto il peccato.
Siamo a Gerico, luogo dove circolava molto denaro, perché tanti prodotti erano monopolio locale. Zaccheo viene a sapere dell’arrivo del maestro dal gran vociare della folla, perché Gesù ha appena guarito un cieco lungo la strada. C’era una folla strabocchevole: essendo piccolo di statura, sale su un sicomoro. Per una persona nota in città è un atteggiamento molto determinato, che richiede grande coraggio. Un uomo che agisce così rivela almeno un desiderio che non può essere frutto di un istante di curiosità passeggera, ma piuttosto conseguenza di un bisogno dell’anima lungamente represso. Per trovare Dio bisogna cercarlo e Zaccheo, in un modo o nell’altro, l’aveva cercato. Potrebbe anche essere una posizione di comodo, di chi vuole mantenere le distanze dall’entusiasmo della folla. E’ colmo di denaro, ma anche ubriaco di malinconia. E’ la disperazione dovuta alla mancanza di amore. Ma Gesù ama sostare davanti a questi peccatori, per pura pietà: «Hai compassione di tutti», come è scritto nella prima lettura.
Gesù è l’immagine di Dio che ha compassione di tutti e per questo non passa oltre. Friedrich Nietzsche (1854-1900) diceva che «anche Dio ha il suo inferno, ed è il suo amore per gli uomini». Noi possiamo dire che Dio ha le sue sofferenze, perché ha un cuore che ama. Gesù guarisce Zaccheo sollevando lo sguardo, con cui gli versa l’olio e il vino della simpatia e lo libera dal disprezzo da cui si sentiva oppresso. Nel Vangelo è sempre lo sguardo a rivelare subito il cuore. Non si dirà mai abbastanza dello sguardo di Gesù, sguardo pieno di luce e di pietà, capace di cogliere in ogni creatura quel lembo, anche se piccolo, di innocenza che il peccato e la colpa non riescono a cancellare. Viene in mente quello che ha detto un poeta: «Le carezze degli occhi sono le più dolci, portano l’anima al limite del mistero dell’essere… ».
Gesù, offrendo a Zaccheo uno sguardo aperto e accogliente, gli fa intravedere la bellezza dell’amicizia e porta la sua anima ad altezze insospettate. Ora è Gesù che si prende cura di Zaccheo: «Oggi devo fermarmi a casa tua», dice Gesù chiamandolo per nome.
E’ stupenda la bellezza di questo verbo, «devo», che dice tutta la forza dell’amore. Anche se la casa è di Zaccheo, in realtà è Gesù ad ospitarlo dentro la sua amicizia e a farlo rivivere. E’ la festa, la gioia piena, il compiersi del miracolo grande. Un ricco attaccato morbosamente al denaro ora è disposto a distribuire i suoi beni con prodigalità straordinaria, ben al di là di quanto previsto dalla tradizione. E’ la festa della riconciliazione che Gesù vuole proporre a tutti coloro che sono disprezzati ed esclusi.
«Non c’è situazione morale e religiosa che impedisca a Gesù di farsi invitare a casa di qualcuno» (Gérard Bessière). Sembra di riascoltare l’annuncio dato dagli angeli ai pastori di Betlemme: «Oggi vi è nato un Salvatore». «Oggi» e «la salvezza»: queste due parole devono rimanere nel cuore di ogni credente per trovare sempre conforto nei giorni di amarezza e solitudine: c’è qualcuno che ci va cercando, che vuole sostare presso di noi, povero come l’amore, prodigo come l’amore di Dio.
È questo il segreto della nostra fede e della nostra gioia.