Martedì 24 maggio 2022
Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato. (Gv 16, 5-11)
Egli convincerà il mondo quanto al peccato
Gli “Esercizi spirituali” di Sant’Ignazio dedicano la cosiddetta “prima settimana” alla meditazione sul peccato. Il risultato finale dovrebbe essere la presa di coscienza che il peccato è la più grande disgrazia del mondo. La consapevolezza del male morale e spirituale dovrebbe essere forte e chiara come la consapevolezza del male fisico. Malediciamo le malattie che ci colpiscono; con la stessa energia dovremmo maledire il peccato. Eppure non è facile sentire il peccato come il male più grande, neppure per chi predica o fa regolarmente esercizi. Che non dobbiamo commettere peccati è verità di fede. Sentire il peccato come il male più grande è un’illuminazione dello Spirito Santo, che ci fa vedere la realtà come appare agli occhi di Dio.
CCC 388. Col progresso della Rivelazione viene chiarita anche la realtà del peccato. Sebbene il popolo di Dio dell’Antico Testamento abbia in qualche modo conosciuto la condizione umana alla luce della storia della caduta narrata dalla Genesi, non era però in grado di comprendere il significato ultimo di tale storia, che si manifesta appieno soltanto alla luce della morte e risurrezione di Gesù Cristo. Bisogna conoscere Cristo come sorgente della grazia per conoscere Adamo come sorgente del peccato. È lo Spirito Paraclito, mandato da Cristo risorto, che è venuto per convincere “il mondo quanto al peccato” (Gv 16, 8), rivelando colui che del peccato è il Redentore.
Quanto al peccato perché non credono in me
La maggioranza delle persone non crede in Gesù Cristo, oppure, come i mussulmani, lo considera solo un profeta e non il Figlio di Dio. Quindi sarebbero tutte persone in una condizione di peccato continuo? Non ammissibile. La parola “peccato” nella Scrittura ha diverse sfumature. Nel vangelo di Giovanni per esempio non significa soltanto l’atto peccaminoso, ma piuttosto un modo di essere, una condizione, uno stato costituzionalmente vulnerabile al peccato, per cui la mente può essere ferita e non riuscire a “vedere”. Se la sorgente della verità nell’uomo è menomata, nulla vi è in se stesso che possa porre rimedio. L’esigenza della salvezza da parte del Messia, è quanto viene subitamente esposto nella Sacra Scrittura, dove i progenitori con la caduta originale perdono padronanza di sé, divengono schiavi della triplice concupiscenza che lotta contro gli imperativi della ragione e li espone alla malvagità dell’oscuro signore di questo mondo.
Solo la Pentecoste può sanare una così profonda vulnerabilità.
(cfr T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno)