Il riso di Abramo, di Sara e… di Dio

Il Timone Anno VIII, n.56, Settembre-Ottobre 2006
don Pietro Cantoni


I tre uomini (tre angeli, Dio stesso) che appaiono ad Abramo alle querce di Mamre vengono da lui ospitati e rifocillati. A tavola gli rivolgono la parola (secondo il galateo ebraico non si parla all’ospite che mangia per non disturbarlo e Abramo lo rispetta) e gli promettono il figlio tanto desiderato e tanto atteso. Sara di nascosto, in un’altra parte della tenda separata da un velo, ascolta… e ride. Ma gli uomini, cioè Dio, la rimproverano. Il riso di Sara è al centro del racconto perché è la ragione del nome che verrà dato al figlio: Izchaq – Isacco vuol dire infatti “ride”. Chi ride? Ha riso Sara perché non ha creduto ad una promessa così inverosimile: lei vecchia e vecchio il marito, come pensare ancora ad una maternità? Aveva riso a suo tempo Abramo: “si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: “Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novanta anni potrà partorire?””. (17,17). Ora ride Dio: il nome Isacco sottintende infatti un soggetto e questi non può essere che Dio: Dio-ride. La tradizione ebraica distingueva il riso di Sara, un riso di incredulità, dal riso di Abramo, un riso di gioia e quindi di fede… Gesù si rifà a questa tradizione quando dice: “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò” (Gv 8,56). Nella sua discendenza infatti il patriarca intravide il compimento delle promesse di Dio, cioè il dono del Messia.

Qualcosa di molto simile avviene all’annuncio della nascita di Gesù. Maria accoglie le parole dell’angelo con una domanda: “Come è possibile? Non conosco uomo” (Lc1,34). Anche il cugino Zaccaria reagisce con una domanda ad un annuncio molto simile: “Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni” (v. 18). Entrambi sembrano dubitare… Ma Zaccaria è punito: “Sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo” (v. 20), mentre Maria è rassicurata. Il dubbio di Zaccaria è dettato dall’incredulità, mentre il dubbio di Maria dall’ansia di servire con consapevolezza al piano di Dio.

C’è riso e riso… C’è l’ironia dettata dall’incredulità, c’è lo scherno dell’incredulo, c’è la messa in ridicolo di tutto e di tutti da parte chi ha cessato di credere e quindi di sperare che nella vita ci sia un senso. Il “beffardo” (lez) è una figura menzionata nella Bibbia (soprattutto nel libro dei Proverbi): è colui non crede più a nulla e per questo si prende gioco di tutto. In particolare è tipico di chi ha smesso di pensare che la verità esiste, che la si può trovare e quindi vale la pena cercarla e che una volta trovata è bello godere della sua compagnia (Sap 8,16: “la sua compagnia non dà amarezza”) e anche soffrire per lei… Il suo riso però è amaro, monotono, senza gioia. In realtà è pianto e pianto disperato: quante lacrime sono lacrime di speranza e quante risate sono solo disperazione…

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