Domenica 10 marzo 2024. Il Papa torna a chiedere la cessazione delle ostilità in Congo, Ucraina e Terra Santa, dopo le polemiche sulle anticipazioni di una sua intervista, e aggiunge un pensiero a tutte le donne, guardate anzitutto come madri
di Michele Brambilla
Il brano del colloquio notturno tra Gesù e Nicodemo, un fariseo che temeva il giudizio dei “confratelli” e, pertanto, dialogava con il Messia solo in segreto, contrassegna l’Angelus che Papa Francesco pronuncia il 10 marzo.
Come detto, Nicodemo non si esponeva in pubblico, pertanto il Papa ricorda che «davanti a Gesù non ci sono segreti: Egli legge nel cuore, nel cuore di ognuno di noi. E questa capacità potrebbe inquietare perché, se usata male», come accade nei giudizi umani quando si intuisce qualcosa che il fratello uomo vorrebbe rimanesse nella sua intimità, «nuoce alle persone, esponendole a giudizi privi di misericordia». Comportamento ovviamente molto lontano dal Signore, che è senza peccato, ma molto frequente tra gli uomini: non esiste ambiente umano che non abbia i suoi “pettegoli”!
Se Dio ci trattasse come noi trattiamo i nostri simili, nessuno si salverebbe, ma «Egli vuole che nessuno di noi vada perduto. Lo sguardo del Signore su ognuno di noi non è un faro accecante che abbaglia e mette in difficoltà, ma il chiarore gentile di una lampada amica, che ci aiuta a vedere in noi il bene e a renderci conto del male, per convertirci e guarire con il sostegno della sua grazia».
Gli uomini, molto spesso, cercano di evitare il più possibile l’introspezione. «Pensiamo a noi, che tante volte, tante volte condanniamo gli altri; che tante volte ci piace sparlare, cercare pettegolezzi contro gli altri», invita infatti il Papa. «Chiediamo al Signore che ci dia a tutti questo sguardo di misericordia, di guardare agli altri come Lui ci guarda», precisa il Pontefice, perché «Gesù non è venuto a condannare, ma a salvare il mondo».
A proposito di fraintendimenti che portano i fratelli a delegittimarsi tra loro, proprio in queste ore la comunità internazionale discute aspramente sulle anticipazioni di un’intervista della Radio Televisione Svizzera a Papa Francesco, nella quale il Santo Padre, parlando della guerra in Ucraina, arriva a dire che «è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare». Parole che hanno suscitato una risposta dello stesso mons. Sviatoslav Shevchuk, metropolita dei greco-cattolici ucraini, e una precisazione della Segreteria di Stato vaticana. Lo stesso Papa torna sull’argomento nei saluti dell’Angelus, quando, spronando a pregare per la pace in Congo, Ucraina e Terra Santa, ripete il desiderio che «cessino al più presto le ostilità che provocano immani sofferenze nella popolazione civile».
A due giorni dalla loro “festa” laica, «vorrei rivolgere un pensiero ed esprimere la mia vicinanza a tutte le donne, specialmente a quelle la cui dignità non viene rispettata. C’è ancora tanto lavoro che ciascuno di noi deve fare perché sia riconosciuta concretamente la pari dignità delle donne. Sono le istituzioni, sociali e politiche, che hanno il dovere fondamentale di proteggere e promuovere la dignità di ogni essere umano», in particolare «offrendo alle donne, portatrici di vita, le condizioni necessarie per poter accogliere il dono della vita e assicurare ai figli un’esistenza degna».