Mercoledì 10 maggio 2023. Udienza tutta dedicata alla visita a Roma del patriarca dei copti egiziani Tawadros II
di Michele Brambilla
Il 10 maggio l’udienza inizia con Papa Francesco che fa gli onori di casa al patriarca di Alessandria d’Egitto. «È con grande gioia che saluto oggi Sua Santità Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco, e l’illustre delegazione che l’accompagna», dice infatti il Pontefice romano.
«Sua Santità Tawadros ha accettato il mio invito a venire a Roma per celebrare con me il cinquantesimo anniversario dello storico incontro di Papa San Paolo VI e Papa Shenouda III, nel 1973. Si trattava del primo incontro tra un Vescovo di Roma e un Patriarca della Chiesa copta ortodossa, che culminò con la firma di una memorabile dichiarazione cristologica comune, esattamente il 10 maggio» del 1973. Con quella dichiarazione si iniziò a rimarginare la ferita monofisita, che ha diviso per secoli Roma e Alessandria.
La vicenda è presto riassunta. Sconfitta l’eresia ariana, che negava la divinità di Cristo, nel V secolo comparve il suo esatto opposto, l’eresia monofisita, che edulcorava, fino a considerarla un semplice “travestimento”, la natura umana di Gesù. Se ne resero alfieri, in particolare, i vescovi armeni e quelli egiziani. Il monofisismo fu condannato dal concilio di Calcedonia nel 451 e, da allora, sussiste uno scisma tra la Chiesa di Roma e quella di Alessandria d’Egitto. Nella dichiarazione del 1973 cattolici e copti egiziani precisarono che «in linea con le nostre tradizioni apostoliche trasmesse alle nostre Chiese e in esse conservate, e in conformità con i primi tre concilii ecumenici, confessiamo un’unica fede in un solo Dio Uno e Trino, divinità dell’Unico Figlio Incarnato di Dio, la Seconda Persona della Santissima Trinità, la Parola di Dio, il fulgore della Sua gloria e l’immagine manifesta della Sua sostanza, che per noi si incarnò, assumendo per Se stesso un corpo reale con un’anima razionale, e che condivise con noi la nostra umanità, ma senza peccato. Confessiamo che il nostro Signore e Dio e Salvatore e Re di tutti noi, Gesù Cristo, è Dio perfetto riguardo alla Sua Divinità, e perfetto uomo riguardo alla Sua umanità. In Lui la Sua divinità è unita alla Sua umanità in una reale, perfetta unione senza mescolanza, senza commistione, senza confusione, senza alterazione, senza divisione, senza separazione», come si afferma nel cosiddetto Credo Atanasiano (sant’Atanasio fu patriarca di Alessandria dal 328 al 373, anno della sua morte).
«In memoria di questo evento, Sua Santità Tawadros è venuto a trovarmi per la prima volta il 10 maggio di dieci anni fa, pochi mesi dopo la sua e la mia elezione, e ha proposto di celebrare ogni 10 maggio la “Giornata dell’amicizia copto-cattolica” che da quel tempo celebriamo ogni anno», spiega Francesco, che rivela che «ci chiamiamo al telefono, ci mandiamo i saluti, e rimaniamo buoni fratelli, non abbiamo litigato».
«Caro amico e fratello Tawadros, La ringrazio di aver accettato il mio invito in questo duplice anniversario, e prego che la luce dello Spirito Santo illumini la Sua visita a Roma, gli importanti incontri che avrà qui, e in particolare le nostre conversazioni personali. La ringrazio di cuore per il Suo impegno nella crescente amicizia tra la Chiesa copta ortodossa e la Chiesa cattolica». Rivolgendosi ancora alla delegazione copta che accompagna il patriarca, «insieme a voi imploro Dio Onnipotente, per l’intercessione dei Santi e Martiri della Chiesa copta, affinché ci aiuti a crescere nella comunione, in un unico e santo legame di fede, di speranza e di amore cristiano. E parlando di martiri della Chiesa copta, che sono anche nostri, voglio ricordare i martiri sulla spiaggia libica, che sono stati fatti martiri pochi anni fa», riferendosi a quel gruppo di ostaggi cristiani che fu sgozzato dai terroristi dell’ISIS in uno dei loro macabri video.
Lo scenario libico non deve far dimenticare il dramma dell’Europa orientale. Parlando ai pellegrini polacchi, il Santo Padre ricorda che il confratello gesuita «san Francesco Saverio ci insegna che l’annuncio del Vangelo nelle periferie del mondo va sempre di pari passo con l’assistenza medica ed educativa. Questo sostegno, così come la nostra preghiera per la pace, è necessario anche per la martoriata Ucraina».