La fede è coraggio

Domenica 23 giugno 2024. I discepoli nel mare di Tiberiade e l’esempio di un confessore francescano che, dice il Papa, ha onorato, come molti suoi confratelli, la Chiesa di Roma

di Michele Brambilla

Papa Francesco, introducendo l’Angelus del 23 giugno, spiega che «oggi il Vangelo ci presenta Gesù sulla barca con i discepoli, nel lago di Tiberiade. Arriva all’improvviso una forte tempesta e la barca rischia di affondare. Gesù, che stava dormendo, si sveglia, minaccia il vento e tutto ritorna alla calma». Il Papa precisa che Gesù «in realtà non si sveglia, lo svegliano! Con tanta paura, sono i discepoli a svegliare Gesù». Erano anni che pescavano in quelle acque, ma questa tempesta sembra spaventarli particolarmente e «sembra che Gesù voglia metterli alla prova. Comunque, non li lascia soli, sta con loro sulla barca, tranquillo, anzi, addirittura dorme. E quando si scatena la bufera, con la sua presenza li rassicura, li incoraggia, li incita ad avere più fede e li accompagna oltre il pericolo».

Il fatto che Cristo dorma mentre si scatena la tempesta ha fatto molto pensare i teologi, ma anche i semplici fedeli. Per il Pontefice, Gesù non è intervenuto subito sul maltempo «per rafforzare la fede dei discepoli e per renderli più coraggiosi. Essi infatti, escono da questa esperienza più consapevoli della potenza di Gesù e della sua presenza in mezzo a loro, e dunque più forti e più pronti ad affrontare gli ostacoli, le difficoltà, compresa la paura di avventurarsi ad annunciare il Vangelo. Superata con Lui questa prova, sapranno affrontarne tante altre, fino alla croce e al martirio, per portare il Vangelo a tutte le genti». 

«E anche con noi Gesù fa lo stesso», dice il Santo Padre, «in particolare nell’Eucaristia: ci riunisce attorno a Sé, ci dona la sua Parola, ci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue, e poi ci invita a prendere il largo, per trasmettere a tutti quello che abbiamo sentito e condividere con tutti quello che abbiamo ricevuto, nella vita di ogni giorno, anche quando è difficile». Le difficoltà ci sono per essere superate e, superandole, accrescere in noi la fiducia verso il Signore. 

Si giunge all’ormai consueto appello per la pace. «Guardo la bandiera di Israele. Oggi l’ho vista quando venivo dalla chiesa dei Santi Quaranta Martiri, è una chiamata alla pace! Preghiamo per la pace! Palestina, Gaza, il Nord del Congo… Preghiamo per la pace! E la pace in Ucraina, che soffre tanto, che sia la pace», ripete instancabilmente il Pontefice.

Perché il Papa tornava, stamattina, dalla chiesa dei Santi Quaranta Martiri? Perché «l’altro ieri è venuto a mancare padre Manuel Blanco, un francescano che da quarantaquattro anni abitava nella chiesa Santi Quaranta Martiri e San Pasquale Baylon a Roma. È stato superiore, confessore, uomo di consiglio. Ricordando lui, vorrei fare memoria di tanti fratelli francescani, confessori, predicatori, che hanno onorato e onorano la Chiesa di Roma». L’apparire di un Papa alla camera ardente di un semplice sacerdote, per quanto stimato, è un avvenimento eccezionale, ma padre Blanco era anche il confessore dello stesso Pontefice.  

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