Domenica 28 maggio 2023. I discepoli dopo la crocifissione di Gesù si barricarono nel cenacolo. Ma abbiamo con noi quello Spirito Santo che, come scrisse il grande Alessandro Manzoni (1785-1873), di cui il 22 maggio si sono celebrati i 150 anni dalla morte, «atterra e suscita, affanna e consola»
di Michele Brambilla
«Oggi, Solennità di Pentecoste, il Vangelo ci porta nel cenacolo», dice Papa Francesco al Regina Coeli del 28 maggio, «dove gli apostoli si erano rifugiati dopo la morte di Gesù (Gv 20,19-23). Il Risorto, la sera di Pasqua, si presenta proprio in quella situazione di paura e di angoscia e, soffiando su di loro, dice: “Ricevete lo Spirito Santo”», ovvero la terza Persona della SS. Trinità. Il dono dello Spirito «libera dalla paura» i discepoli e infonde il coraggio di testimoniare Gesù fino all’effusione del sangue.
Nel cenacolo gli apostoli si erano proprio barricati. «Vorrei sottolineare questo: chiusi dentro. Quante volte anche noi ci chiudiamo dentro noi stessi? Quante volte, per qualche situazione difficile, per qualche problema personale o familiare, per la sofferenza che ci segna o per il male che respiriamo attorno a noi, rischiamo di scivolare lentamente nella perdita della speranza e ci manca il coraggio di andare avanti? Tante volte succede questo», osserva il Pontefice, ma «questo “chiuderci dentro” accade quando, nelle situazioni più difficili, permettiamo alla paura di prendere il sopravvento e di fare la “voce grossa” dentro di noi. Quando entra la paura, noi ci chiudiamo. La causa, quindi, è la paura: paura di non farcela, di essere soli ad affrontare le battaglie di ogni giorno, di rischiare e poi di restare delusi, di fare delle scelte sbagliate». Per la paura ci si isola e ci si immagina Dio come un giudice severo, pronto a punire qualsiasi “marachella”.
«Il Vangelo però ci offre il rimedio del Risorto: lo Spirito Santo. Lui libera dalle prigioni della paura. Quando ricevono lo Spirito, gli apostoli – lo festeggiamo oggi – escono dal cenacolo e vanno nel mondo a rimettere i peccati e ad annunciare la buona notizia. Grazie a Lui le paure si superano e le porte si aprono. Perché questo fa lo Spirito: ci fa sentire la vicinanza di Dio e così il suo amore scaccia il timore, illumina il cammino, consola, sostiene nelle avversità. Di fronte ai timori e alle chiusure, allora, invochiamo lo Spirito Santo per noi, per la Chiesa e per il mondo intero», perché è al Signore che appartengono l’universo e la storia.
Il Papa non manca di sottolineare, in proposito, che «lo scorso 22 maggio si è commemorato il 150° anniversario della morte di una delle figure più alte della letteratura, Alessandro Manzoni. Egli, attraverso le sue opere, è stato cantore delle vittime e degli ultimi», come nei suoi celebri Promessi Sposi, raffigurandoli sempre «sotto la mano protettrice della Provvidenza divina, che “atterra e suscita, affanna e consola”», come scrisse Manzoni nel Cinque maggio, la poesia “concepita” nel 1821 alla notizia della morte, in esilio dalla Francia ma in pace con Dio, dell’imperatore Napoleone Bonaparte (1769-1821). Francesco ama ricordare che gli umili sono «sostenuti anche dalla vicinanza dei pastori fedeli della Chiesa, presenti nelle pagine del capolavoro manzoniano», basti pensare allo straordinario ritratto del card. Federico Borromeo (1564-1631) o a fra’ Cristoforo.
Un pensiero anche «per le popolazioni che vivono al confine tra Myanmar e Bangladesh, duramente colpite da un ciclone: più di ottocentomila persone, oltre ai tanti Rohingya che già vivono in condizioni precarie».