Mercoledì 26 febbraio 2025. Anche questo mercoledì viene pubblicato ugualmente il testo preparato dal Santo Padre per l’udienza generale. Il tema è la presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme: ancora una volta, nell’episodio evangelico, la contemplazione diventa motore per l’azione
di Michele Brambilla
Continua la degenza di Papa Francesco al Policlinico Gemelli; continua anche la nostra preghiera per lui. La Sala stampa vaticana pubblica il testo che il Pontefice avrebbe letto nell’udienza generale, che è dedicato all’episodio evangelico della presentazione di Gesù
«Nei racconti dell’infanzia di Gesù, l’evangelista Luca ci mostra l’obbedienza di Maria e Giuseppe alla Legge del Signore e a tutte le sue prescrizioni. In realtà, in Israele non c’era l’obbligo di presentare il bambino al Tempio, ma chi viveva nell’ascolto della Parola del Signore e ad essa desiderava conformarsi, la considerava una prassi preziosa», precisa il Santo Padre.
L’evangelista «Luca dunque racconta il primo atto di culto di Gesù, celebrato nella città santa, Gerusalemme, che sarà la meta di tutto il suo ministero itinerante a partire dal momento in cui prenderà la ferma decisione di salirvi (cfr Lc 9,51), andando incontro al compimento della sua missione», cioè alla Pasqua. Nel frattempo «Maria e Giuseppe non si limitano a innestare Gesù in una storia di famiglia, di popolo, di alleanza con il Signore Dio. Essi si occupano della sua custodia e della sua crescita, e lo introducono nell’atmosfera della fede e del culto. E loro stessi crescono gradualmente nella comprensione di una vocazione» di difficile comprensione per loro stessi.
«Nel Tempio, che è “casa di preghiera” (Lc 19,46), lo Spirito Santo parla al cuore di un uomo anziano: Simeone, un membro del popolo santo di Dio preparato all’attesa e alla speranza, che nutre il desiderio del compimento delle promesse fatte da Dio a Israele per mezzo dei profeti. Simeone avverte nel Tempio la presenza dell’Unto del Signore, vede la luce che rifulge in mezzo ai popoli immersi “nelle tenebre” (cfr Is 9,1) e va incontro a quel bambino che, come profetizza Isaia, “è nato per noi”, è il figlio che “ci è stato dato”, il “Principe della pace” (Is 9,5)» cantando quell’inno, il Nunc dimittis, che ancora oggi sigilla la Compieta cattolica. Abbracciando Gesù Bambino, scrive il Papa, Simeone trova il senso della sua intera esistenza, trascorsa nell’attesa vigilante del Messia promesso da Dio al suo popolo.
«Simeone canta la gioia di chi ha visto, di chi ha riconosciuto e può trasmettere ad altri l’incontro con il Salvatore di Israele e delle genti. È testimone della fede, che riceve in dono e comunica agli altri; è testimone della speranza che non delude; è testimone dell’amore di Dio, che riempie di gioia e di pace il cuore dell’uomo», e se ne fa missionario. Inoltre, «colmo di questa consolazione spirituale, il vecchio Simeone vede la morte non come la fine, ma come compimento, come pienezza, la attende come “sorella” che non annienta ma introduce nella vita vera che egli ha già pregustato e in cui crede».
La profetessa Anna ha una biografia molto simile a Simeone: anche lei si consacrò al Signore in gioventù, divenuta vedova, per attendere il Messia, anche lei ottiene la grazia di riuscire a vederlo, anche lei diventa subito missionaria. «Anna celebra il Dio d’Israele, che proprio in quel piccolo ha redento il suo popolo, e lo racconta agli altri, diffondendo con generosità la parola profetica. Il canto della redenzione di due anziani sprigiona così l’annuncio del Giubileo per tutto il popolo e per il mondo. Nel Tempio di Gerusalemme si riaccende la speranza nei cuori perché in esso ha fatto il suo ingresso Cristo nostra speranza», conclude il Pontefice invitandoci tutti ad imitare i due gloriosi vegliardi evangelici.