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La libertà religiosa fondamento della pace – Opus Mariae Matris Ecclesiae

La libertà religiosa fondamento della pace

Domenica di Pasqua 20 aprile 2025. Questo il concetto cardine di un messaggio Urbi et Orbi molto dettagliato, che si sofferma a lungo sul Medio Oriente e sull’Europa orientale, ribadendo i principi della coesistenza pacifica tra gli esseri umani in un anno in cui tutti i cristiani festeggiano la Pasqua nello stesso giorno

di Michele Brambilla

Il 20 aprile Papa Francesco riesce, con un filo di voce, ad impartire la benedizione Urbi et Orbi del giorno di Pasqua. Il messaggio è letto dal cerimoniere.

Come annuncia il Pontefice nel testo, «dal sepolcro vuoto di Gerusalemme giunge fino a noi l’annuncio inaudito: Gesù, il Crocifisso, “non è qui, è risorto” (Lc 24,6). Non è nella tomba, è il vivente». «L’amore ha vinto l’odio. La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha vinto la vendetta. Il male non è scomparso dalla nostra storia, rimarrà fino alla fine, ma non ha più il dominio, non ha più potere su chi accoglie la grazia di questo giorno», testimone di quella novità assoluta che è Cristo crocifisso e risorto. 

«Sorelle e fratelli, specialmente voi che siete nel dolore e nell’angoscia, il vostro grido silenzioso è stato ascoltato, le vostre lacrime sono state raccolte», la speranza ha un fondamento certo. «Sì, la risurrezione di Gesù è il fondamento della speranza: a partire da questo avvenimento, sperare non è più un’illusione», anche perché non ci esime dalla nostra parte di responsabilità, osserva il Santo Padre. 

«Cristo è risorto! In questo annuncio è racchiuso tutto il senso della nostra esistenza, che non è fatta per la morte ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita! Dio ci ha creati per la vita e vuole che l’umanità risorga», ma «quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini», di tutti coloro che sono in una situazione di debolezza. 

Francesco pensa anzitutto ai due grandi conflitti che hanno eco planetaria: quello in Terra Santa e quello in Ucraina, tanto più questo 20 aprile, in cui, come non accadeva da anni, «la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi». Il Papa ribadisce con forza che «sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese». Di fronte all’eccessiva polarizzazione (in senso filo-palestinese) riscontrabile specialmente in Occidente su questi argomenti, il Santo Padre si dice molto rattristato dal «crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace».

Accanto alla Terra Santa ci sono Libano e Siria, le cui popolazioni «ambiscono alla stabilità e alla partecipazione alle sorti delle rispettive nazioni. Esorto tutta la Chiesa ad accompagnare con l’attenzione e con la preghiera i cristiani dell’amato Medio Oriente». Anche lo Yemen è più volte intervenuto nel conflitto mediorientale, ma non ha pace al suo interno, infatti «sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie “prolungate” del mondo a causa della guerra» civile ancora in corso. 

«Cristo Risorto effonda il dono pasquale della pace sulla martoriata Ucraina e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura», dice il Pontefice mentre è in corso una fragile tregua pasquale. Parlando sempre delle frontiere orientali dell’Europa, il Papa invita a pregare «affinché si giunga presto alla firma e all’attuazione di un definitivo Accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian». 

Francesco cita anche altre aree di crisi meno note (in Africa i due Sudan e il Congo, in Asia il Myanmar). Pone soprattutto come principio fondamentale che «nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui». Sostiene pure che «nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche. Ci sprona a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana». Bisogna «usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le “armi” della pace», soggiunge il Papa dissentendo dalle prospettate politiche di riarmo generale. 

«Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano. Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità. E in quest’anno giubilare, la Pasqua sia anche l’occasione propizia per liberare i prigionieri di guerra e quelli politici», come vuole la tradizione dei Giubilei.