di don Pietro Cantoni
Il Trattato della vera devozione di san Luigi Maria Grignion di Montfort parla, fin da subito, di Maria “Madre nascosta”. “Maria visse una vita molto nascosta: – per il suo nascondimento lo Spirito Santo e la Chiesa la chiamano: Alma Mater, – Madre nascosta e segreta. A causa della sua profondissima umiltà, sulla terra, la sua attrattiva più grande e più continua fu quella di nascondersi ai propri occhi e a quelli di tutte le creature per essere conosciuta soltanto da Dio” (n. 2). La traduzione di “alma” con “nascosta” deriva da san Gerolamo che traduce così il termine ebraico “alma’” in Is 7,14. Il profeta Isaia annuncia che “la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. Anziché “betulah”, il termine che in ebraico indica la verginità in senso fisiologico, usa un altro termine (“alma’”) che – secondo san Gerolamo – designa una ragazza che non si è mai scoperta davanti ad un uomo, indicando così una verginità dal significato più vasto e profondo.
Maria infatti è nascosta nella Scrittura. Nella Bibbia ella è presente dappertutto, ma nascosta. Anche in questo caso la Bibbia è insufficiente non oggettivamente (tutte le verità fondamentali della nostra fede vi sono contenute), ma soggettivamente. Il soggetto infatti non è in grado di ricavarvi con certezza tutte le verità salutari senza l’aiuto della Tradizione e della Chiesa in cui la Tradizione vive. “La chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola sacra scrittura” (Concilio ecumenico Vaticano II, Cost. dogm. Dei verbum, n. 9).
Tuttavia c’è.
Da questo punto di vista la Bibbia potrebbe essere paragonata ad un libro di esercizi (poniamo di matematica). Le soluzioni nel libro non ci sono (e non ci devono essere, proprio perché è un libro di esercizi) … esplicitamente. Ci sono però – e oggettivamente – in modo implicito. Se risolvo gli esercizi non sono io a mettervi le soluzioni, io le trovo soltanto. Le porto allo scoperto.
Ma perché la lettura della Bibbia è come un esercizio? Perché tutto non vi è in modo esplicito? Perché “non è il molto sapere che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente”. “Quando [qualcuno] scopre qualche cosa che fa meglio capire o sentire la storia – sia che ciò succeda per il ragionamento proprio o perché l’intelletto è illuminato dalla luce divina – prova ben più gusto e ottiene un frutto maggiore che se la cosa gli fosse raccontata e spiegata diffusamente da un altro” (Sant’Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 2). Certe cose si possono scoprire soltanto nell’umile sottomissione al giudizio della Chiesa (“colonna e sostegno della verità” 1 Tim 3,15) e nel raccoglimento della preghiera.
Anche Gesù c’è nell’Antico Testamento. C’è oggettivamente, ma implicitamente. Come si esprime il concilio Vaticano II, rifacendosi a sant’Agostino, “Dio … ispiratore e autore dei libri dell’uno e dell’altro testamento, ha sapientemente disposto che il nuovo fosse nascosto nell’antico e l’antico diventasse chiaro nel nuovo” (Cost. dogm. Dei verbum, n. 16). Ci vuole intelligenza spirituale per poterlo vedere. Per non meritare il rimprovero “anche voi siete senza intelligenza?”.
Implicito, nascosto, ma non senza segnali. Ci sono cioè le punte dell’iceberg che emergono dalla superficie delle acque. Sono le profezie messianiche dell’Antico Testamento per Gesù e i luoghi mariani in tutta la Scrittura (soprattutto il Nuovo Testamento) per Maria. Questi luoghi sono rappresentati soprattutto dai cinque passi dove si trova usato in un senso pregnante il termine “Donna”.
Innanzitutto il primo annuncio della salvezza operata da Dio a favore dell’uomo, il “protoevangelo”: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Gn 3,15). Non può e non deve passare inosservato che il primo annuncio della “buona notizia”, del Vangelo, fa accenno ad una misteriosa “Donna”.
Poi ancora un altro “inizio” raccontato dall’evangelista Giovanni, quelli dei “segni”, cioè dei miracoli, di Gesù a Cana di Galilea. “Che ho da fare con te, o donna?” (Gv 2,4).
Poi al centro del mistero della salvezza. Sotto la croce: “Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”” (Gv 19,26).
In una sintesi dell’economia della salvezza tracciata dall’apostolo Paolo nella lettera ai Galati: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4).
Quindi alla fine della storia della salvezza. Una fine che è in corso: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1). Come possiamo non riconoscere che in questi ultimi tempi le glorie di Maria si sono fatte sempre più evidenti? Pensiamo alle tante apparizioni mariane a partire dal secolo scorso e ai due dogmi mariani nel cuore dei due ultimi secoli (l’Immacolata Concezione nel 1854 e l’Assunzione nel 1950). Soprattutto la crescita impressionante di amore per Maria in tanti vasti settori del popolo di Dio. Pensiamo alla “casuale” scoperta del Trattato della vera devozione nel 1842 e alla sua straordinaria diffusione, che ha spinto il suo influsso fin nello stemma del papa attuale: “Totus tuus”.
Abbiamo accennato ai dogmi mariani. Per non uscire di metafora, li possiamo considerare come la chiave del nostro libro di esercizi. Cioè la soluzione, senza il percorso stesso della soluzione, che è piuttosto compito della teologia. Essi sono quattro:
1. La perpetua verginità di Maria. Verginità prima del parto, nel parto e dopo il parto. Questa verità si trova già espressa nel Simbolo Apostolico: “nacque da Maria Vergine” e fu poi solennemente precisata e definita dal concilio ecumenico Costantinopolitano II (553, DS 427) e dal papa Martino I nel sinodo lateranense del 649 (DS 503).
2. La divina maternità di Maria. Maria è stata proclamata “Theotokos”, cioè “Madre di Dio” dal concilio ecumenico di Efeso (431, DS 251). È il fondamento e la chiave di tutti i privilegi mariani.
3. L’immacolata concezione di Maria, cioè la sua preservazione – per i meriti della redenzione operata da Gesù – dal peccato originale. Definita solennemente da Pio IX l’8 dicembre 1854.
4. L’assunzione in cielo di tutta la persona di Maria (anima e corpo). Definita solennemente da papa Pio XII il 1° novembre 1950.
Ora siamo in attesa del coronamento di quanto la Chiesa ha compreso, nei secoli, di Maria: il quinto dogma mariano che dovrebbe riguardare la maternità spirituale di Maria. Questa verità si compendia forse nel modo più perfetto nel titolo “Maria madre della Chiesa”. È una verità ormai chiaramente riconoscibile come facente parte del deposito della fede in virtù del magistero ordinario della Chiesa e quindi definibile. È contenuta nella Scrittura soprattutto nel passo già citato di Gv 19,26-27. Nel senso pieno e proprio di questo titolo sono inclusi anche i titoli mariani di “Corredentrice” e “Mediatrice”.
Nicodemo va da Gesù di notte. È il momento in cui i rabbini dispensano gli insegnamenti segreti. Nicodemo va dunque da Gesù per conoscere il nocciolo segreto del suo insegnamento. Ed ecco la risposta: “In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3,3). Il testo greco ha “ánothen” “dall’alto”, mentre la Volgata latina ha “denuo” “di nuovo”. I due testi, nella sostanza non si contraddicono: nascere per uno che è già nato vuol dire comunque nascere di nuovo. E non può essere lo stesso nascere, ma un nascere in altro modo. “Dall’alto” appunto. È forse possibile entrare di nuovo nel seno della madre? Chiede incredulo Nicodemo. Gesù risponde parlando di una nascita spirituale, ma non nega affatto il ruolo di una madre! La nascita è opera dello Spirito, ma una madre non è esclusa, anzi è richiesta dall’analogia della fede.
La vita eterna ci è portata dal figlio di Dio fatto uomo. È attraverso l’esistenza terrena di Gesù e la sua redenzione che la vita divina è offerta all’uomo: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,11-12). Questa vita divina è ad immagine di lui, primogenito di molti fratelli (cfr. Rm 8,29). Lui è nato da Spirito e non da carne (cioè non da padre umano). Tuttavia ha avuto una madre: “nato da donna” (Gal 4,4). Così deve essere allora anche per il cristiano. Deve rinascere ad immagine di Gesù. E se questa rinascita è spirituale, ma assolutamente reale, così anche per lui vi deve essere una maternità spirituale, ma assolutamente reale. Qual’è questa maternità Gesù non lo dice esplicitamente nel dialogo con Nicodemo, ma lo dirà con tutta chiarezza dall’alto della croce: “Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese fra le sue realtà più care” (Gv 19,26-27).
Pare allora che il senso più nascosto, più segreto, del ruolo di Maria nel mistero della redenzione sia questa sua maternità spirituale. La vita divina, la grazia – che è conformazione al Verbo incarnato – viene da Dio per suo tramite ad ogni credente. Si tratta di una nuova nascita, nascita mistica (cioè “misteriosa”), per cui la nascita delle membra è già in qualche modo contenuta in quella del Capo. È di questa nascita che Gesù parla a Nicodemo. Maria ha generato Gesù non solo in sé stesso, ma nella consapevolezza di concepire e dare alla luce il redentore della natura umana, il primogenito di una moltitudine di fratelli, il Capo di un mistico corpo che è la Chiesa. La generazione in Maria non è avvenuta come un fatto meramente biologico, ma come un evento soprattutto spirituale: “all’annunzio dell’angelo accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò la vita al mondo” (Cost. dogm. Lumen gentium, n. 53). Il concilio qui riecheggia una frase che ricorre nei Padri come un ritornello: Maria ha concepito “prima con il cuore e poi con il corpo”. “Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma … cooperò alla salvezza dell’uomo con libera fede e obbedienza. Infatti, come dice s. Ireneo, ella “obbedendo divenne causa della salvezza per sé e per tutto il genere umano”” (Ibidem). Dunque chi viene alla grazia viene alla vita ed è generato da Maria, che ben più di Eva merita il titolo di “madre dei viventi”. Questa generazione continua per così dire lungo tutta la vita terrena di grazia fino al parto della rivelazione della gloria dei figli di Dio… Anche il credente che non lo sa vive ciò nonostante di questa sublime maternità, vive come un bimbo nel seno di questa dolce madre, in attesa di raggiungere la pienezza della vita in Cristo. Ma è giusto e certamente meglio saperlo. Chi vive questo mistero di grazia con piena consapevolezza è pervenuto al “Segreto di Maria”.