Domenica 21 maggio 2023. Ha senso festeggiare l’Ascensione di Gesù perché non è un allontanarsi dalla decisione presa con l’Incarnazione, ma l’insediamento della nostra fragile umanità alla destra del Padre, attraverso il corpo glorioso del Risorto
di Michele Brambilla
Domenica 21 maggio, come spiega Papa Francesco al Regina Coeli, si festeggia l’Ascensione del Signore. «È una festa che ben conosciamo, ma che può far sorgere alcune domande, almeno due. La prima: perché festeggiare la partenza di Gesù dalla terra? Sembrerebbe che il suo congedo sia un momento triste, non precisamente qualcosa di cui gioire», osserva il Papa. Ci si può inoltre chiedere «cosa fa Gesù in cielo», ora che si è reso di nuovo “distante” da noi.
La prospettiva giusta non è però questa. Gesù non intende minimamente allontanarsi dagli uomini che ha voluto redimere con il suo stesso sangue. Il giorno dell’Ascensione festeggiamo perché «Gesù ha portato la nostra umanità, la nostra carne in cielo – è la prima volta! –, cioè l’ha portata in Dio. Quell’umanità, che aveva preso in terra, non è rimasta qui. Gesù risorto non era uno spirito, no, aveva il suo corpo umano, la carne, le ossa, tutto, e lì, in Dio, sarà per sempre».
L’Ascensione indica, quindi, quello che sarà il destino di tutta l’umanità risorta. «Così scriveva un antico Padre nella fede: “Splendida notizia! Colui che si è fatto per noi uomo […], per renderci suoi fratelli, si presenta come uomo davanti al Padre, per portare con sé tutti coloro che gli sono congiunti” (S. Gregorio di Nissa, Discorso sulla risurrezione di Cristo, 1). Oggi festeggiamo “la conquista del cielo”: Gesù che torna al Padre, ma con la nostra umanità. E così il cielo è già un po’ nostro», perché dove è il Capo saranno anche le membra.
Si comprende allora meglio quello che Cristo fa per tutti noi sedendo alla destra del Padre, nella gloria della SS. Trinità. «Lui sta per noi davanti al Padre, gli mostra continuamente la nostra umanità, mostra le piaghe. A me piace pensare che Gesù, davanti il Padre, prega così, facendogli vedere le piaghe. “Questo è quello che ho sofferto per gli uomini: fai qualcosa!”. Gli fa vedere il prezzo della redenzione, e il Padre si commuove» per questa umanità spesso dolente e smarrita, per la quale ha dato quanto ha di più caro, lo stesso Figlio.
«In una parola, Gesù intercede; è nel “luogo” migliore, davanti al Padre suo e nostro, per intercedere a nostro vantaggio» anche quando Dio sembra assente dallo scenario del mondo. «È triste ma, a un mese dallo scoppio delle violenze in Sudan, la situazione continua ad essere grave. Nell’incoraggiare gli accordi parziali finora raggiunti, rinnovo un accorato appello affinché vengano deposte le armi, e chiedo alla comunità internazionale di non risparmiare alcuno sforzo per far prevalere il dialogo e alleviare la sofferenza della popolazione» non solo in Africa, ma anche in ogni luogo in cui si constatano le conseguenze della violenza umana e della “crisi climatica”. «Ce lo ricordano anche le recenti calamità, come le inondazioni che hanno colpito in questi giorni l’Emilia Romagna, alla cui popolazione rinnovo di cuore la mia vicinanza» mentre esorta i fedeli in piazza S. Pietro a leggere in proposito la sua l’enciclica Laudato sì.