di don Pietro Cantoni
Molte persone – di fronte alla nuova traduzione della Bibbia – mi hanno manifestato la loro perplessità, avendo constatato che tra la “vecchia” e la “nuova” traduzione ci sono molte differenze di cui non si percepisce sempre la chiara necessità in ordine al linguaggio o al senso. La domanda che emerge in molti è questa: qual è allora la traduzione “giusta”? Dove devo andare per trovare il testo esatto, quello che mi dà la rivelazione di Dio allo stato “puro”?
Ho elaborato una risposta semplice semplice, che non ha altra ambizione che quella di fugare qualche dubbio assolutamente legittimo sul punto. Ve la passo.
La Bibbia è composta di tanti libri, scritti “originariamente” in tre diverse lingue: ebraico, aramaico e greco. La prima traduzione della Bibbia (che è – si tratta di qualcosa che pochi sanno – la prima traduzione in assoluto nella storia della pubblicistica) è quella detta dei Settanta, in greco. Quella traduzione fu utilizzata da san Paolo e – in generale – dagli autori del Nuovo Testamento. Nella chiesa latina si è andata poi affermando la traduzione latina detta “Vulgata”, di cui alcune parti sono di san Gerolamo. Questa traduzione fu usata in Occidente fino al Vaticano II. Il concilio di Trento definì che in essa non ci sono errori di fede e di morale. Accanto alla Vulgata troviamo, per altre aree culturali, altre traduzioni antiche e venerabili. Le più prestigiose sono: la Peshitta in siriaco (praticamente equivalente all’aramaico) e la sahidica e bohairica in copto (la lingua parlata in Egitto dai cristiani che deriva dall’egiziano antico, quello dei faraoni). La varietà delle traduzioni c’è sempre stata. Tra queste traduzioni esistono differenze a volte di rilievo, che non configurano però mai una vera e propria contraddizione dogmatica o morale. Qual è il testo originale, quello normativo e sicuro? Esistono risposte diverse a questa domanda. Tutte “cattoliche”. Le due principali sono queste. Il testo normativo è quello in quella lingua in cui originariamente la Bibbia fu scritta, quindi ebraico-aramaico e greco. Secondo questa teoria se uno vuole avere accesso al testo “originale” deve studiarsi quelle lingue. Ma ce n’e un’altra che è anche la mia (e di un teologo che si chiama Joseph Ratzinger…): le grandi ed antiche traduzioni che stanno alle origini delle grandi ed antiche liturgie e “Cristianità” (Settanta, Vulgata, Peshitta, copta) sono tutte garantite dall’autorità della Chiesa, vanno considerate anch’esse in qualche modo come “ispirate” e non possono contenere di conseguenza errori contro la fede e la morale. Quando la Chiesa poi autorizza altre traduzioni impegna sempre l’autorità del suo magistero. Il magistero ci garantisce che in tali traduzioni gravi errori contro la fede e la morale non ci possono essere, ma non ci esime dallo sforzo di confrontarle con il testi “originali” e con le grandi ed autorevoli traduzioni che stanno all’origine delle “Cristianità”. Per la Cristianità occidentale la Vulgata conserva tutto il suo valore normativo. Il Magistero – nella persona di Giovanni Paolo II – ce la ha per così dire riconsegnata, purgata di qualche errore di traduzione assolutamente marginale – nella forma detta della Neo-Vulgata, che è attualmente la versione ufficiale della Chiesa cattolica romana. E’ la versione utilizzata nell’edizione tipica dei testi liturgici e anche nell’edizione tipica del catechismo della Chiesa Cattolica.
Queste considrazioni ci aiutano a capire meglio perché il Cristianesimo non è una religione del libro e a valutare meglio la differenza con l’Islam. Per l’Islam esiste un unico testo normativo, il Corano “in chiara lingua araba”. Esso è intraducibile. Per il Cristianesimo la Bibbia può essere tradotta in tante lingue e garanzia dell’ortodossia di queste traduzioni, oltre che dell’interpretazione del testo, è la Tradizione vivente della Chiesa e quindi il suo vivo Magistero. La Bibbia deve sempre essere letta e quindi tradotta ed interpretata (la parola latina “interpretari” assomma entrambi i significati) nella Chiesa e dalla Chiesa. Non ci si scappa.