La Porta è aperta

S. Natale, mercoledì 25 dicembre 2024. La Porta è Gesù, che è sempre pronto ad accoglierci e a perdonarci

di Michele Brambilla

Aperta, nella Messa della Notte, la Porta Santa del Giubileo, il Messaggio Urbi et Orbi di Papa Francesco mette al centro Cristo, che a tutti dice: «“Io ti amo, io ti perdono, ritorna a me, la porta del mio cuore è aperta per te!”». Egli, infatti, è la Porta dell’ovile simboleggiata dalla porta giubilare di S. Pietro. 

«Sorelle, fratelli, la porta del cuore di Dio è sempre aperta, ritorniamo a Lui! Ritorniamo al cuore che ci ama e ci perdona! Lasciamoci perdonare da Lui, lasciamoci riconciliare con Lui! Dio perdona sempre! Dio perdona tutto. Lasciamoci perdonare da Lui», continua a ripetere il Papa. «Gesù è la Porta; è la Porta che il Padre misericordioso ha aperto in mezzo al mondo, in mezzo alla storia, perché tutti possiamo ritornare a Lui. Tutti siamo come pecore smarrite e abbiamo bisogno di un Pastore e di una Porta per ritornare alla casa del Padre», insiste il Pontefice. 

«Fratelli, sorelle, non abbiate paura! La Porta è aperta, la Porta è spalancata! Non è necessario bussare alla Porta. È aperta. Venite! Lasciamoci riconciliare con Dio, e allora saremo riconciliati con noi stessi e potremo riconciliarci tra di noi, anche con i nostri nemici», essendo il Signore la vera «Porta della pace».

Il Santo Padre invita tutti i popoli «a farsi pellegrini di speranza, a far tacere le armi e a superare le divisioni». Il primo pensiero è per l’Ucraina: il Papa chiede che presto «si abbia l’audacia di aprire la porta al negoziato e a gesti di dialogo e d’incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura».

«Con gli occhi fissi sulla culla di Betlemme, rivolgo il pensiero alle comunità cristiane in Palestina e in Israele, e in particolare alla cara comunità di Gaza, dove la situazione umanitaria è gravissima. Cessi il fuoco, si liberino gli ostaggi e si aiuti la popolazione stremata dalla fame e dalla guerra», dice ancora il Pontefice, cercando di comprendere tutte le istanze in gioco nell’intricata area mediorientale. «Sono vicino anche alla comunità cristiana in Libano, soprattutto al sud, e a quella di Siria, in questo momento così delicato. Si aprano le porte del dialogo e della pace in tutta la regione, lacerata dal conflitto. E voglio ricordare qui anche il popolo libico», diviso da anni di lotte intestine. 

Guardando all’Africa, «possa la nascita del Salvatore portare un tempo di speranza alle famiglie di migliaia di bambini che stanno morendo per un’epidemia di morbillo nella Repubblica Democratica del Congo, come pure alle popolazioni dell’Est di quel Paese e a quelle del Burkina Faso, del Mali, del Niger e del Mozambico. La crisi umanitaria che le colpisce è causata principalmente dai conflitti armati e dalla piaga del terrorismo ed è aggravata dagli effetti devastanti del cambiamento climatico, che provocano la perdita di vite umane e lo sfollamento di milioni di persone». Francesco accenna anche al Sudan, dove fame e guerra civile determinano una situazione umanitaria gravissima e spesso dimenticata. 

Per l’Asia cita anche il Myanmar. Quanto alle Americhe, il Santo Padre si augura che «il Bambino Gesù ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà nel continente americano, affinché si trovino al più presto soluzioni efficaci nella verità e nella giustizia, per promuovere l’armonia sociale, in particolare penso ad Haiti, in Venezuela, Colombia e Nicaragua, e ci si adoperi, specialmente in quest’Anno giubilare, per edificare il bene comune e riscoprire la dignità di ogni persona, superando le divisioni politiche».

In generale, «il Giubileo sia l’occasione per abbattere tutti i muri di separazione: quelli ideologici, che tante volte segnano la vita politica, e anche quelli fisici, come la divisione che interessa da ormai cinquant’anni l’isola di Cipro e che ne ha lacerato il tessuto umano e sociale».

Comments are closed.