Mercoledì 23 ottobre 2024. L’influsso della dottrina trinitaria sulla teologia sacramentale
di Michele Brambilla
Papa Francesco introduce l’udienza del 23 ottobre dicendo che «abbiamo spiegato la volta scorsa ciò che, dello Spirito Santo, proclamiamo nel credo. La riflessione della Chiesa, però, non si è fermata a quella breve professione di fede. Essa è proseguita, sia in Oriente che in Occidente, per opera di grandi Padri e Dottori. Oggi, in particolare, vorremmo raccogliere qualche briciola della dottrina dello Spirito Santo sviluppatasi nella tradizione latina», considerando il fatto che «l’artefice principale di tale dottrina è sant’Agostino, che ha sviluppato la dottrina sullo Spirito Santo» partendo dalla famosa citazione giovannea «Dio è amore» (1Gv 4,8). Comprese infatti che «l’amore suppone uno che ama, uno che è amato e l’amore stesso che li unisce. Il Padre è, nella Trinità colui che ama, la fonte e il principio di tutto; il Figlio è colui che è amato, e lo Spirito Santo è l’amore che li unisce».
«In questa linea, qualcuno ha proposto di chiamare lo Spirito Santo, non “la terza persona” singolare della Trinità, ma piuttosto “la prima persona plurale”», così come dovrebbero concepirsi i coniugi che si sono uniti nel matrimonio sacramentale. Ecco allora che l’intuizione di sant’Agostino sulla Trinità trova un’applicazione pratica nella teologia dei Sacramenti. «Che cosa può avere a che fare lo Spirito Santo con il matrimonio, per esempio? Moltissimo, forse l’essenziale, e cerco di spiegare perché! Il matrimonio cristiano è il sacramento del farsi dono, l’uno per l’altra, dell’uomo e della donna. Così lo ha pensato il Creatore quando «creò l’uomo a sua immagine […]: maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). La coppia umana è perciò la prima e più elementare realizzazione della comunione d’amore che è la Trinità», prosegue infatti il Pontefice.
«Anche gli sposi dovrebbero formare una prima persona plurale, un “noi”. Stare l’uno davanti all’altro come un “io” e un “tu”, e stare di fronte al resto del mondo, compresi i figli, come un “noi”. Come è bello sentire una madre che dice ai figli: “Tuo padre ed io…”, come disse Maria a Gesù, quando lo ritrovarono dodicenne nel tempio insegnando ai Dottori (cfr Lc 2,48)», sospira il Santo Padre. Per ottenere tra gli uomini una simile unione «il matrimonio ha bisogno del sostegno di Colui che è il Dono, anzi il donarsi per eccellenza. Dove entra lo Spirito Santo la capacità di donarsi rinasce. Alcuni Padri della Chiesa hanno affermato che, essendo il dono reciproco del Padre e del Figlio nella Trinità, lo Spirito Santo è anche la ragione della gioia che regna tra essi, e non hanno avuto paura di usare, parlandone, l’immagine di gesti propri della vita coniugale, quali il bacio e l’abbraccio», sostiene ancora Francesco citando sant’Ilario di Poitiers, De Trinitate, II,1 e sant’Agostino, De Trinitate, VI, 10,11. Il Papa suggerisce che «non sarebbe male, perciò se, accanto alle informazioni di natura giuridica, psicologica e morale che si danno, nella preparazione dei fidanzati al matrimonio si approfondisse questa preparazione “spirituale”, lo Spirito Santo che fa l’unità». «“Tra moglie e marito non mettere il dito”, dice un proverbio italiano. C’è invece un “dito” da mettere tra moglie e marito, ed è proprio il “dito di Dio”», conclude Francesco con arguzia.
Giusto ventiquattro ore prima dell’udienza ricorreva la memoria liturgica di san Giovanni Paolo II, che l’attuale Pontefice non esita a definire «il Papa delle famiglie».
«Oggi, al mattino presto, ho ricevuto le statistiche dei morti in Ucraina» a causa della guerra. Il Santo Padre prega con parole accorate anche per il Medio Oriente e il Myanmar.