(Il Timone, Anno VIII – Novembre 2006 – n.57)
don Giovanni Poggiali
“Rivolti al Signore” è il titolo di un libro, apparso recentemente per le edizioni Cantagalli, del sacerdote Uwe Michael Lang, che riporta l’attenzione ecclesiale sull’importanza dell’orientamento della preghiera nella liturgia. Il libro è la traduzione dell’originale scritto da padre Lang prima in tedesco e poi in inglese, nel 2004, e contiene la prefazione di un personaggio importante, l’allora Cardinale Ratzinger ora Papa Benedetto XVI, e questo ha suscitato un certo clamore, anche per le tesi enunciate dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. L’attuale pontefice, infatti, afferma in quella sua prefazione come i frutti più appariscenti della riforma liturgica del Concilio Vaticano II sembrano essere la scomparsa della lingua latina, utilizzata per secoli nella Messa, e l’altare orientato verso il popolo. Bene: niente di tutto questo, dice papa Ratzinger, è stato previsto dal Concilio che, se è vero che introduce la lingua volgare per alcune parti della Messa, è anche vero che vuole conservare la lingua latina nei riti latini. Di altari versus populum, poi, il Concilio non fa cenno. Ed è quest’ultimo punto che vogliamo approfondire, trattando qui della direzione nella quale i cristiani hanno fin dall’antichità reso lode all’unico vero Dio rivelatosi in Gesù Cristo e, certamente, la posizione dell’altare nelle Chiese può essere significativa di tale direzione.
Perché è importante parlare dell’orientamento della preghiera liturgica? Almeno per tre motivi.
Anzitutto per il valore e l’importanza che la liturgia ha nella vita della Chiesa. Se la liturgia, secondo la Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium, è fons et culmen, fonte da cui promana e apice a cui tende tutta la vita ecclesiale, non può non essere fondamentale la modalità celebrativa di una comunità, le parole i riti e i gesti che vengono compiuti nelle celebrazioni. Attraverso la liturgia si entra in contatto con Dio, si rende presente il Sacrificio di Cristo sulla croce, il cielo scende sulla terra e ci viene comunicata la Vita stessa di Dio. La liturgia è il cuore della Chiesa. Per questo parlare della direzione orientata (verso oriente) della preghiera liturgica non è un argomento inutile o banale. Anzi.
L’importanza dell’orientamento della preghiera ha poi un motivo storico, di tradizione liturgica che tocca la spiritualità della liturgia, il modo stesso di viverla. In tutte le grandi religioni, anche nel paganesimo, gli uomini hanno assunto una posizione determinata per pregare, una direzione sacra che ha inciso profondamente sul culto da rendere a Dio. Pensiamo agli Ebrei che pregavano rivolti verso la Gerusalemme terrena e in particolare verso il sancta sanctorum del tempio, dove c’era la presenza stessa di Dio (shekinah). Pensiamo agli islamici, per i quali Maometto prescrisse che la preghiera rituale doveva essere rivolta verso la Kaaba della Mecca. E infine i cristiani: “Non vi è dubbio che, fin da tempi molto antichi, fosse naturale per i cristiani di tutto il mondo conosciuto volgersi in preghiera verso il sole nascente, ovvero verso l’est geografico. Sia nella preghiera in privato che nella preghiera liturgica i cristiani si voltavano non più verso la Gerusalemme terrena, ma verso la nuova Gerusalemme celeste; credevano fermamente che, quando il Signore fosse tornato nella gloria per giudicare il mondo, avrebbe radunato i suoi eletti per formare questa città celeste. Il sole nascente era considerato l’espressione appropriata di questa speranza escatologica” (Rivolti al Signore, cit., p.31).
Vi sono molte fonti, fin dal II secolo, che testimoniano unanimemente l’usanza cristiana della preghiera verso oriente, sia perché a est sorge il sole che è Cristo, vera luce che non tramonta secondo il Vangelo di Giovanni, sia perché da oriente il Signore tornerà vittorioso nella parusia a giudicare tutti gli uomini di tutte le epoche della storia: “Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24,27).
Ci chiediamo quale fosse la posizione dell’altare e del celebrante, nelle Chiese, in base all’usanza descritta. La prassi che sembra emergere dagli studi, anche riguardanti l’architettura delle Chiese, è che queste erano costruite con l’abside orientato e il celebrante era rivolto verso oriente durante la liturgia. Esistevano anche Chiese non orientate, con l’abside verso occidente e l’ingresso ad oriente, soprattutto a Roma e nell’Africa settentrionale. Questo era dovuto al fatto che venivano riutilizzate, ad uso cristiano, fondazioni pagane già esistenti o costruite Chiese ex novo sulle tombe dei santi, le quali tombe determinavano l’orientamento della nuova costruzione. Il fatto, quindi, che il sacerdote ed i fedeli fossero orientati tutti verso l’abside della Chiesa durante la Messa, con il celebrante che “volgeva le spalle” al popolo (come avviene nel rito romano tradizionale), non era né un gesto di maleducazione né una ritualità priva di motivazione ma tutti, sacerdote e popolo, insieme volgevano lo sguardo e innalzavano i cuori al Signore che, come sole che sorge, sarebbe ritornato risorto e trionfante proprio dalla direzione dove la croce innalzata sull’altare si stagliava verso l’abside. E sembra, storicamente, che anche nelle Chiese non orientate, con l’ingresso ad est e l’altare versus populum, durante la preghiera eucaristica i fedeli, che poco prima guardavano in viso il celebrante come avviene nell’attuale liturgia romana del dopo Concilio, si volgevano verso l’ingresso e tutti erano rivolti al Signore verso oriente, per offrire il santo sacrificio e lodare Dio attendendo il suo ritorno. Era la Chiesa pellegrinante che andava incontro al suo Signore.
Dopo il Concilio, non a causa di esso, sono apparsi gli altari rivolti al popolo in sostituzione degli antichi altari versus absidem, con lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra il celebrante e i fedeli, che hanno però spesso veicolato una concezione della celebrazione come “autoreferenziale”, cioè con al centro l’assemblea e non più chiaramente il mistero di Cristo, se non addirittura intesa come un puro banchetto o una cena a scapito dell’aspetto sacrificale dell’Eucaristia. Se gli altari versus populum sono stati consentiti, e sono tuttora legittimi come afferma l’Ordinamento Generale del Messale Romano, non è però stata proibita, come qualcuno aveva inteso, la celebrazione versus absidem secondo la precisazione della Congregazione per il Culto Divino, guidata all’epoca dal Card. Jorge Arturo Medina Estévez, nel settembre del 2000. Inoltre, sottolinea la Congregazione, si deve sempre distinguere la posizione fisica dall’orientamento spirituale e interiore dei partecipanti: sempre, il santo sacrificio della Messa, deve essere offerto con l’atteggiamento spirituale versus Deum per Iesum Christum (verso Dio attraverso Gesù Cristo) qualunque sia la posizione di sacerdote e fedeli. Certamente, però, l’aspetto simbolico della liturgia è alquanto significativo e i gesti e le posizioni assunte non hanno mai un valore neutrale. Lo stesso Pontefice Benedetto XVI propone, nei suoi libri dedicati alla teologia liturgica, che il sacerdote e i fedeli si volgano tutti verso oriente almeno durante il Canone o preghiera eucaristica, e, ove questo non fosse possibile, di posizionare una croce sull’altare davanti al celebrante, posta quindi tra lui e i fedeli, in quanto la croce era il segno che, tra i primi cristiani, veniva utilizzato sulla parete orientale nell’abside delle basiliche per indicare la direzione della preghiera. Questa proposta è stata appoggiata anche dal padre Lang, ma è stata anche criticata da chi considera ogni discussione od eventuale cambiamento nell’attuale liturgia come un attacco alla riforma conciliare, quasi fosse un dogma definito. È un fatto invece che la riforma è stata attuata dopo il Concilio, con uno spirito considerevolmente diverso da quello espresso dai padri conciliari nei testi approvati. Furono dure le frasi di don Divo Barsotti (1914-2006) che nel novembre del 1996 rilasciò queste parole durante un’intervista: “E’ un problema grosso quello di parlare della Liturgia. Non possiamo accettare la riforma liturgica così come è stata introdotta. Se non si ritorna a rivedere quello che è stato fatto, noi rischiamo di perdere veramente tutto” (I cristiani vogliano essere cristiani, 2006, p. 269).
L’importanza dell’orientamento della preghiera nella liturgia ha, infine, un terzo motivo. Da più parti ormai, c’è il desiderio di una riforma della riforma della liturgia, che non significa tornare sic et simpliciter al Messale di prima del Concilio come se nulla fosse accaduto dopo. Significa, invece, riappropriarsi della liturgia per ciò che essa è: opera di Dio donata alla Chiesa e non azione di uomini che possono usufruirne a loro piacimento, quasi fosse uno spettacolo da cambiare ogni volta che aggrada. Occorre una vera ri-educazione liturgica che è anzitutto educazione al mistero di Dio, che nei riti opera e agisce efficacemente per sua grazia, e non per nostro merito o perché abbiamo compreso tutto razionalmente, come se fosse possibile afferrare il mistero di Dio solo con la nostra ragione (così, spesso, sembra essere intesa la partecipazione attiva dei fedeli alla Messa: devono poter capire tutto. Ma questa non è la vera partecipazione attiva, che è anzitutto un’adesione interiore al mistero celebrato).
Ritornano allora attuali le parole dell’allora Card. Ratzinger scritte nella sua autobiografia: “Per la vita della chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a riconoscere l’unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo. Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita “etsi Deus non daretur”: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta…. Per questo abbiamo bisogno di un nuovo movimento liturgico, che richiami in vita la vera eredità del concilio Vaticano II” (La mia vita, 1997, pp. 112-113).
Credo sia importante, quindi, una pacata discussione sulla direzione della preghiera liturgica, sulla posizione degli altari e sull’architettura delle nuove Chiese, che può contribuire a quel rinnovamento, a quella riconciliazione liturgica a cui anela non solo il Santo Padre ma anche tutti coloro che hanno a cuore le sorti della preghiera pubblica della Chiesa Cattolica.
BIBLIOGRAFIA
Lang Uwe Michael, Rivolti al Signore, L’orientamento nella preghiera liturgica, Edizioni Cantagalli, Siena 2006 [originale: Turning towards the Lord, Orientation in liturgical prayer, Ignatius Press, San Francisco 2004].
Cantoni Pietro, Per un “nuovo” movimento liturgico, in “Cristianità”, anno XXX, n. 309, gennaio-febbraio 2002, pp. 5-18.
Gamber Klaus, Tournés vers le Signeur, Sainte-Madeleine, Le Barroux 1993.
Ratzinger Joseph, La festa della fede. Saggi di teologia liturgica, Jaca Book, Milano 1984.
Ratzinger Joseph, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2005.
Ratzinger Joseph, La mia vita, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1997.