Lunedì 2 settembre 2024

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante. (Lc 4, 31-37)


I compaesani di Gesù dimostrano di non aver inteso la grandezza dell’incarnazione, al punto che Dio si coinvolge nelle nostre problematiche, fino a incarnarsi in un falegname con grosse mani da lavoratore. Quando poi Egli cerca di mostrar loro che anche i pagani dal cuore aperto e sincero possono essere dei buoni destinatari della salvezza, addirittura più di chi è diventato abitudinario della Sacra Scrittura, divengono scettici e sospettosi fino ad indignarsi e pianificare progetti omicidi. Non riescono ad accettare che il Signore sia buono verso tutti, loro che pensano di essere gli unici depositari della verità, i primi ed unici aventi diritto di ascoltare il maestro, e pretendono di vedere miracoli. In realtà Gesù aveva riservato ai suoi conterranei un passo solenne che si realizzava ora in Lui: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi”. E’ come se Gesù avesse affermato che il Messia promesso è qui ora, è Lui stesso. Questa affermazione dirompente all’inizio genera entusiasmo, ma rapidamente prevale lo scetticismo. “Non è il figlio di Giuseppe”, può mai essere un falegname così vicino a Dio? Così si rammaricano i nazaretani per le grazie che Dio concede a tutti.

 “ Non  è un invida di poco conto questa, che arriva a far dimenticare l’affetto dovuto ad un concittadino e rovescia in un’aspra avversione le ragioni della naturale benevolenza…Aspetterai invano l’aiuto della pietà celeste, se senti invidia per i frutti della virtù altrui. Il Signore disprezza gli invidiosi e sottrae i mirabili effetti della sua potenza a quanti deplorano i doni divini negli altri” (S. Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca).

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