Martedì 23 luglio 2024

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». (Gv 15, 1-8)


Questo brano è al centro del lungo colloquio di Gesù con i discepoli, intessuto di confidenze, istruzioni e raccomandazioni, che viene chiamato “discorso d’addio”, chiamato anche “testamento spirituale”. Però è una rilettura fatta dalla prima comunità, alla luce della risurrezione del Signore. Domina l’allegoria della vigna che è Israele stesso. Nella pagina di Giovanni, la grande novità è che la vigna non è più un popolo, ma la persona stessa di Gesù. Nelle sei verità fondamentali per la salvezza, la sesta è direttamente legata questo brano di Giovanni: “La grazia di Dio è necessaria per salvarsi”. L’esempio agreste della vite e dei tralci è molto chiaro. Realizziamo questa unità con Cristo mediante i mezzi per la salvezza: la fede, le opere, i sacramenti.

Con il battesimo siamo innestati all’albero di Cristo. Eravamo un ramo estraneo al resto dell’albero, ma ora cresciamo in Lui (Rom 6,4). La santa Comunione è paragonabile ad una trasfusione di vita, la stessa di Cristo, abbondantemente versata in noi. La confessione è come una medicina che cura un ramo che stava per rompersi. Tutto ha un solo scopo: essere con Cristo e in Lui. C’è un’espressione di Gesù nel Vangelo che è tra le più chiare e categoriche: “senza di me non potete fare nulla”. In altro modo l’afferma anche l’apostolo Pietro, quando risponde a Gesù: “Signore dove andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.

Nella teologia distinguiamo le proprietà naturali dell’uomo e i doni soprannaturali. La conoscenza razionale, la volontà, il desiderio di imparare e quant’altro appartiene alle facoltà di ogni persona in quanto persona umana. La fede, la speranza e la carità invece sono doni soprannaturali; sono la forza della grazia operante in noi. È una grande chiarificazione! Si parla spesso oggi di diritti naturali, doveri e virtù, riguardanti ogni persona, di ogni cultura e religione, anche gli ateisti. Ma questo “umanesimo completo”, è veramente mai stato realizzato? È possibile che la persona umana sia veramente tale senza Cristo? I Padri della Chiesa dicono di no. La persona umana è stata creata ad “immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1, 27), quindi in diretta relazione a Gesù Cristo. Senza di Lui nessuno sulla terra riuscirà ad essere veramente persona umana.

 

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